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David Bowie, il cinema e gli anni 80

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David Bowie

Il 10 gennaio del 2016 verrà ricordato per la perdita di un Artista, di quelli con la lettera maiuscola.

David Bowie ha attraversato 5 decadi giocando musicalmente con quasi tutti i generi disponibili, reinventandosi con personaggi, mode e situazioni sempre attuali e mai scontati.

Molti ricordano il suo peso nel mondo del rock. Quello che è stato Michael Jackson nel pop così possiamo definire Bowie nel rock: una icona, una maschera potentissima e immortale. Ma al di là di qualche titolo, la sua grandezza di musicista porta la maggior parte della gente a dimenticare quale grande attore egli fosse, e le scelte a volte coraggiose che fece nel prendere parte a certe pellicole. Soprattutto negli anni 80 mi sento in dovere di trovare i suoi film più rappresentativi, alcuni dei veri propri capolavori.

A cominciare dal cameo in quel Christiane F. Noi i ragazzi dello zoo di Berlino che ha tanto segnato quegli anni pieni di paure e di tensioni legate all’uso di eroina. Un film crudo, violento, assolutamente attuale. Un pugno nello stomaco che difficilmente si dimentica. Solo un artista con grosso coraggio poteva scegliere un film del genere, anche solo per una comparsata (Bowie si stava reinventando nel Duca Bianco, ma aveva già un passato a dir poco pesante e glorioso). Io ne rimasi talmente turbato, anni dopo, da trovarne difficile la visione ancora oggi.

Pochi anni dopo fece parte di un autentico capolavoro quasi sconosciuto ai più, il bellissimo e sensuale Miriam si sveglia a mezzanotte retto dalla magnificenza della regia di Tony Scott (anche lui regista da rivalutare, purtroppo soffocato dalla fama del fratello Ridley) e, soprattutto, dalla accecante bellezza delle due protagoniste Catherine Deneuve e Susan Sarandon, capace di rendere i sogni di ogni uomo più piacevoli. Un horror sublime, di quelli di una volta, tutto atmosfera e con una fotografia perfetta per i tempi. Da segnalare la bellissima sequenza dove proprio Bowie invecchia a vista d’occhio come un moderno Dorian Gray. Rimane uno dei miei film preferiti di questo decennio.

Una delle vette toccate in questo decennio cinematografico dal duca bianco è il successivo Furyo, un altro capolavoro asosluto con un cast a dir poco spiazzante. Da Tom Conti, attore molto in voga ai tempi in tv negli Stati Uniti, alla star del rock Bowie, al compositore Ryuchi Sakamoto (famosissimo e meraviglioso il tema di questo film, opera di Sakamoto stesso) e la futura star del cinema d’azione giapponese prima, e d’autore successivamente, Takeshi Kitano, noto anche per le sue interpretazioni comiche trasmesse dalla Gialappa’s Band anni dopo in Mai dire Banzai. Un cast anomalo per un film toccante, bellissimo, coinvolgente. Ricordo che quando uscì, la colonna sonora era presente ovunque, e quel motivetto mi avrebbe accompagnato ancora adesso, mentre sto scrivendo questo articolo. Sublime.

Ma è nel 1986 che Bowie ci regala due perle autentiche. Absolute Beginners, film musicale di quel genio di Julien Temple e, soprattutto, Labyrinth, uscito sulla scia del successo del fantasy La Storia Infinita ma che lo surclassa su ogni fronte. Due film visionari, eccellenti, assolutamente diversi come lo sono i personaggi interpretati da Bowie (il suo cattivo re dei goblin nel film con pupazzi di Jim Henson è da antologia). In entrambe a farla da padrona sono le canzoni della colonna sonora ad opera, ovviamente, del nostro. Un film per grandi ed uno per piccini, a sottolineare le scelte azzardate, coraggiose e diverse cui accennavo all’inizio. Il musical di Temple, in particolare, è un film quasi dimenticato, che mi sento di consigliare assolutamente per un recupero tardivo. Quello di Henson, invece, è fra i più amati e ricordati della filmografia di David, sicuramente da tutti quelli per cui, come per me hanno vissuto gli anni 80 come quelli del passaggio dall’età fanciullesca a quella adolescenziale.

Bowie chiude il decennio con un film bistrattato, condannato dalla Chiesa, che fece scalpore e scandalo. E che è il meraviglioso L’ultima tentazione di Cristo del grande Martin Scorsese, che volle il Duca Bianco nella parte di Ponzio Pilato.

E questo è forse l’esempio più lampante sul modo di interpretare il cinema da parte del cantante.

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