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ITALO DISCO.
Si iniziò a chiamarlo così questo fenomeno musicale tutto made in Italy, che cavalcava l’onda del successo della musica da discoteca, che da noi aveva iniziato ad affermarsi alla fine degli anni ’70.

Detto questo, non sto qui a dirvi quanti milioni di dischi la Italo Disco sia riuscita a vendere o in quante decine di Paesi di tutto il mondo sia riuscita a sfondare, dal Sudamerica agli Stati Uniti, a tutta l’Europa, dove solo la musica inglese riusciva a contrastarla e fino addirittura ai Paesi dell’Est, che bisogna ricordare erano ancora molto, ma molto comunisti.
Non lo dico da tifoso, visto che personalmente disprezzavo il 90% di questa produzione: ma bisogna riconoscere che ci sono stati dei pezzi davvero fantastici, che ancora sono ricordati e canticchiati.

Siamo alla fine degli anni ’70, in tutto il mondo sta spopolando la cosiddetta “disco music“.
In Italia appaiono i primi sporadici tentativi di imitarne il sound, ad opera di dj e produttori.

I fratelli La Bionda
I fratelli La Bionda

Gruppi come gli Easy Going, i fratelli La Bionda, Gepy & Gepy, sono solo alcuni degli esponenti degli albori di quello che diverrà il fenomeno “italo disco”. Questi artisti avevano iniziato ad incidere brani da discoteca, con testi in inglese, nella seconda metà degli anni Settanta: ricordiamo i successi del 1977 dei fratelli La Bionda (Disco Bass e 1-2-3-4 Gimme Some More) e l’anno successivo, con il loro vero cognome, One for you, one for me; nello stesso anno i Gepy & Gepy lanciano Body to body.

https://www.youtube.com/watch?v=rCOuEBLgiu0

Il filone della “disco italiana” prosegue, fino a che, nei primi anni ’80, un po’ in tutto il mondo il sound affermatosi inizia a decadere e diventare obsoleto: ormai nelle discoteche si balla un altro tipo di musica, che pur mantenendo un filo diretto con il genere che lo precede, è realizzata con strumenti elettronici, sintetizzatori, filtri ed effetti che cercano di dare la sensazione di trovarsi nel futuro.
A farsi portatori di questa nuova corrente sono Patrick Cowley e Bobby Orlando, ispiratisi a loro volta a Giorgio Moroder.

In Italia il tentativo di emulazione continua, allacciandosi a questo nuovo filone. Ecco così nascere, intorno al 1982, le prime produzioni come Gary Low (“You are a danger”), Gazebo (“Masterpiece”), ’Lectric Workers (“Robot is systematic”), Baltimora con Jukebox boy, Woody Boogie e Tarzan Boy.

Allo stesso filone appartengono gruppi quali Scotch, Kano, le Fun Fun, R. Bais, Charly Danone e i Fake.
Bisognerà attendere il 1983 per la nascita “ufficiale” della Italo Disco: in quell’anno l’editore tedesco Bernhard Mikulski pubblica una raccolta in doppio LP intitolata “Best of Italo Disco“, coniando di fatto una espressione che diverrà famosa in tutto il mondo, e che diverrà sinonimo di musica dance realizzata in Italia.

best of italo discoDal 1983 la Italo Disco diventa un fenomeno non solo italiano, ma internazionale (soprattutto nei Paesi non anglofoni come Germania, Francia, Spagna, Olanda, Polonia, Giappone), vendendo ovunque milioni di dischi, piazzandosi in testa alle classifiche e dando addirittura vita a tentativi stranieri di imitazione!
In Germania infatti abbiamo artisti come i Modern Talking o Fancy che danno vita a brani dance cantati in inglese ma nella miglior tradizione italiana, che sono comunque distinguibili per le sonorità molto più legate al folk teutonico.
In Spagna cantanti come le New Baccara, caratterizzate da un sound molto vicino a quello tedesco.

https://www.youtube.com/watch?v=yz_RQVkvke4

Ad ogni modo, l’artista riconosciuto come più significativo del movimento Italo Disco è senza dubbio Den Harrow, che rappresenta un insolito e interessante tentativo di creare “in laboratorio” il prototipo del cantante perfetto: alla produzione c’erano i dj milanesi Turatti e Chieregato, autori anche dei testi; a esibirsi nei concerti e nei video era il biondo modello Stefano Zandri; mentre a prestargli la voce si sono alternati diversi cantanti, dei quali il più bravo e famoso è stato lo statunitense Tom Hooker.
Altra figura di spicco della Italo Disco è Mauro Farina, il Giuseppe Verdi degli anni ’80: autore di più di 5.000 canzoni, proposte per diversi cantanti o cantate direttamente da lui sotto pseudonimi diversi, tra cui i Radiorama, Domenico Ricchini, conosciuto anche con l’arguto nickname di Joe Yellow.

Il fenomeno dell’italo disco porta alla luce della ribalta una serie di artisti italiani che vedranno i loro nomi legarsi inesorabilmente al genere nel corso degli anni: gruppi come i Gaznevada o i Righeira e artisti del calibro di Ken Laszlo.
Ma c’era anche chi era contro corrente all’interno del fenomeno stesso e amava tuffarsi nel passato, nella cultura celtica o della Bretagna, come Valerie Dore che cantò diversi brani ambientati nelle corti di re Artù o nelle lotte di Sir Lancelot come King Arthur, Lancelot, Legend, The Night.

A produzioni e artisti impegnati si affiancarono tormentoni più facili e amati dalle grandi masse come Vamos a la playa dei sopracitati Righeira; U.S.S.R. di Eddy Huntington; People from Ibiza di Sandy Marton, Survivor di Mike Francis, Dolce vita di Ryan Paris. Artiste come Tracy Spencer, Jo Squillo, Taffy, Alba Parietti e Celeste Johnson divennero icone femminili del genere, riscuotendo un grande successo commerciale in Italia e all’estero.

Discorso a parte meritano due icone del genere come Spagna che con Easy Lady e Call Me scalò le classifiche inglesi, pubblicando quattro album anche per il mercato americano, e Sabrina Salerno che con il singolo Boys (Summertime Love), si posizionò al terzo posto in Inghilterra, vendendo nel corso della sua carriera venti milioni di copie.

Non va poi dimenticato anche il fenomeno dell’Italo Disco cantata in italiano, con singoli di grande successo come Gioca jouer, Ska Shou Shou e Fotostop di Claudio Cecchetto, mentre artiste come Diana Est e Lu Colombo lanciano rispettivamente Tenax, Le Louvre, Maracaibo.
La corrente della Italo Disco continua a imperversare fino al 1988-1989, quando nelle discoteche iniziano a fare capolino i primi brani house, dalle sonorità ossessivamente ripetitive e distanti anni luce dagli spensierati motivetti melodici che, a dire la verità, avevano iniziato a stufare il pubblico dei locali notturni.

Così, la Italo Disco si congeda dagli italiani… ma stranamente rimane in vetta nelle classifiche estere!
Si assiste così ad un curioso paradosso: i produttori italiani continuano a realizzare musica “export-only”, che non vedrà mai la luce nel Bel Paese, ma sarà ballata in tutti i club dell’Europa dell’est, della Scandinavia e del Giappone, dove la Italo Disco è tuttora viva, in una sua evoluzione chiamata hi-nrg.
Lo schema melodico rimane immutato, ma vengono nettamente alzati i “bps” (beat per second) di ogni brano, aumentandone così la velocità in maniera vorticosa.
Mauro Farina, che ancora produce per il mercato estero, afferma come la richiesta di una maggiore frenesia ritmica provenga in maniera particolare dal Giappone, dove la musica “made in Italy” continua ad occupare le prime posizioni delle classifiche.
Senza contare come i miti della Italo Disco siano ancora idolatrati in tutta Europa, e vivano facendo tournee tra l’Olanda, la Polonia, la Russia e il Sol Levante, riscuotendo successi inimmaginabili.

Ma dopotutto, “Nessuno è profeta in patria”.

7 Commenti

  1. Peccato non abbiate inserito nella lista un gruppo che abbia lanciato nel 1983 un brano di successo internazionale, quell”HYPNOTIC TANGO che si posizionò nelle charts europee ai primi posti. Terzo posto nella charts tedesca con 70000 copie del singolo vendite in un solo giorno. Sfiorato il disco d’oro. Sto parlando dei My MINE. Il brano HYPNOTIC TANGO in trenta anni ha ricevuto cover prestigiose. Riscontro con rammarico questa importante omissione.

  2. Chiaramente era impossibile segnalare tutti e poi quando si scrive un articolo è sempre discrezione dell’autore inserire quello che gli sta a cuore, per tutto il resto c’è wikipedia.
    E poi il commento scritto da voi stessi…..insomma, ve la cantate e ve la suonate 🙂

  3. Che tempi! Quanto vorrei rivivere in compagnia dei miei amici una serata in una discoteca degli anni 80, tra fumi, laser e luci psichedeliche e ballare successi come Pretty face di Stylo e Topo & Roby con Under the ice.
    Grazie Matteo Redigolo per l’articolo

  4. ciao a tutto ero un dj nei primi anni ottanta e stato un decennio bellissimo
    chiedo a tutti voi se avete ricordi e fotografie degli impianti audio che si usavano allora.
    cabotron jbl cervin vega klipsch o altro
    vi ringrazio

  5. Ciaomatteo sono un ex dj, che, negli anni 80 e 90 ha visto ballate con entusiasmo e tradporti tutti i giovanissimi di allora.
    Specialnente le domeniche pimeriggio: ragazzi e ragazze, che a 12 anni , per entrare in discoteca, dicevano di averne 16.
    Tutto cambia, ma in quei 20 anni,(80-90),i camviamenti non erano frenetici come oggi,e poi….non c’erano o social.
    Ciao e buon 80-90.
    Tony

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