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L’estate sta finendo

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Ovvero: le 5 cose che ti mancavano alla fine dell’estate negli anni 80

Quando eravamo piccoli negli anni 80 la fine dell’estate coincideva con la consapevolezza del ritorno a scuola, l’emozione di ritrovare i vecchi compagni di scuola, l’euforia del nuovo diario scolastico, eventualmente delle nuove cartelle (gli zaini sarebbero arrivati più tardi, dopo la metà del decennio), il piacere dei primi giorni in cui si “prendevano le misure” all’anno scolastico che stava partendo, e quindi meno compiti e studi un po’ più rilassati.
Ma la mente, ovviamente, correva a ciò che avevamo lasciato alle spalle.
Alle lunghe giornate con gli amici, ai compiti delle vacanze (che molte volte erano anche un piacevole diversivo ai compiti più pesanti dei restanti mesi), ai parenti andati a trovare in villeggiatura, alle mattinate fresche e ai pomeriggi assolati. Ai gelati in compagnia e al sole che calava sempre più tardi.
Personalmente le cinque cose di cui sentivo più la mancanza, finita l’estate, erano le seguenti.

Nascondino

nascondinoQuesto era il mio, e di molti altri miei amici, gioco preferito di gruppo.
E l’estate coincideva con lunghe, inesauribili e meravigliose serate a nascondersi in ogni luogo.
Esisteva una certa magia nel nascondino: il silenzio richiesto dal gioco, il lungo tempo (specialmente se si era in tanti. E noi eravamo sempre in tanti) trascorso o nascosti o a caccia degli altri. Le grida di giubilo se l’ultimo nascosto riusciva a “Liberare tutti” e ricominciare da capo. Passavamo davvero molte serate fra noi giocando.
Era normale che si univssero anche amici di altre vie, e i cugini dei nostri amici venuti al nord per passare un po’ di tempo coi parenti che non vedevano mai. E quante cotte per le cugine lontane dei nostri amici… Nascondino era il gioco che più ci aggregava. Perché era sia per maschi che per femminucce, quando queste distinzioni erano molto sentite.
Perché anche se eri un po’ più grandicello ti univa ugualmente. Perché aveva un grande fascino.
Potessi, tornerei subito a giocarci.

Cinema all’aperto

cinema-all-apertoDa grande amante del cinema, questa era una delle cose che più aspettavo quando andavo al mare con la mia mamma e le sue amiche o le zie.
Il cinema all’aperto era il non plus ultra dell’estate, perché completamente diverso dall’atmosfera che si respirava in città o al paese quando ci si andava il fine settimana.
Si riuscivano a recuperare film che avevamo perso durante l’anno, di tutti i tipi. Dalle commedie italiane ai film di fantascienza, fino ad arrivare ai film “vietati ai minori di 14 anni” che, chissà come mai, circolavano liberamente per questi cinema.
Che erano, il più delle volte, assolutamente scalcagnati, in piccoli giardini, nei parchi o anche allestiti nei parcheggi dei cinema tradizionali. Quasi tutti avevano le sedie “da combattimento”, quelle pieghevoli di legno. A volte anche di plastica dei bar, i primi che fra l’altro ricordo di aver visto.
Una delle prime cose che controllavo, nei giornali delle località di villeggiatura che si raggiungevano, era la presenza di un cinema all’aperto e, subito dopo, la programmazione che comprendeva, qualche volta, anche una bella anteprima di film che sarebbero usciti da lì a qualche settimana.
E così mi son ritrovato molte volte a vedere film “proibiti” o le commedie scollacciate con gli amici e i cugini. Perché la cosa più bella era che i nostri genitori ci lasciavano il permesso di andare al cinema anche fra di noi, senza la loro sorveglianza. Ci accompagnavano e ci venivano a prendere.
Ma raramente si interessavano dei titoli proiettati, di cui noi tacevamo o mentivamo.
Fu anche grazie a questo che, a 12 anni, riuscii a vedere “9 settimane e mezzo” direttamente in sala. E anche l’assai più spinto “Bolero Extasy”

Le cartoline

Questo era un must delle nostre estati di bimbetto. Non c’era luogo di villeggiatura dove non fossero presenti i negozi di giocattoli per il mare, gadget di ogni tipo (anche se le calamite non erano ancora disponibili), ma soprattutto le cartoline. Che di solito si dividevano così:

  • quelle comiche, con battutine di dubbio gusto, alcune disegnate, altre con fotografie grottesche;
  • quelle pseudo-zozze, con donnine seminude (di solito riprese da dietro in costumi succinti) e slogan sempre con doppi sensi comici;
  • quelle con i dettagli del luogo di villeggiatura, la piazza con la fontana, il municipio ripreso dall’alto, il monumento di Garibaldi (c’è sempre un monumento a Garibaldi), la stazione e lunghe panoramiche di spiagge affollate di gente;
  • quelle vecchie. Ma non vintage finto come oggi. Proprio vecchie, ingiallite, sporche, rovinate. Qualcosa per cui oggi venderemmo un rene ad appropriarcene su EBay, e che ai tempi invece disprezzavamo;
  • quelle con gli animali. Sia serie che sceme. Animali di tutti i tipi. Ma non i serpenti. Chissà perché.

E le cartoline servivano a salutare soprattutto gli amici della via, quelli più cari. Ma se eri come me tutti gli amici erano cari. Così mi ritrovavo ad avere una agenda piena di indirizzi a cui spedire le cartoline. Che costavano poco.
Ma i francobolli no. E c’era anche quella storia (leggenda?) per cui se la cartolina arrivava senza francobollo, a pagare la missiva era il destinatario. Se l’accettava.
La cosa più rognosa, comunque, era il dover scrivere tutte le cartoline. E io, che son sempre stato un po’ un geniale scemo, non potevo scrivere a tutti le stesse cose. Che figura avrei fatto? E quindi ad ognuno di loro dovevo trovare una frase particolare, un saluto unico, un riferimento preciso. Quindi mi trovavo sempre in crisi creativa.
Poi ci mettevo anche la buona volontà: “appena arrivo al mare la prima cosa che faccio è comprare le cartoline, scriverle e spedirle subito. Così poi posso fare tutto quello che voglio.”
Infatti mi riducevo sempre all’ultimo.
Salvo approfittare delle giornate di pioggia.
Se non mi mettevo a giocare col Big Jim e i dinosauri.
Dura la vita del bambino in vacanza al mare, vah.

I nuovi amici del mare

sapore_di_mareSe non si andava a trovare i parenti, la nuova meta vacanziera coincideva ovviamente con il cercare nuove amicizie.
Io agli inizi me ne stavo sempre per fatti miei, cercando probabilmente inconsciamente di valutare le amicizie con più feeling.
I primi approcci capitavano di solito al bar, dove fra un ghiacciolo e una partita a flipper, inevitabilmente si finiva per parlare con gli altri bambini, magari davanti al juke box a scegliere la canzone del momento o un grande classico.
Magari organizzando piccole partite di pallone o tornei di qualche tipo in spiaggia.
E si finiva sempre per darsi appuntamento al giorno dopo. Magari a bordo piscina.
Inevitabilmente, arrivavo ad innamorarmi di qualche mia coetanea.
E se scoprivo che era più grande di me partivano quelle che ora potrei tranquillamente descrivere fra la paranoia più ansiosa e la sega mentale più esagerata.
Tante belle amicizie nate sotto il sole d’agosto, con bimbi di ogni età e di ogni provenienza geografica, uniti solo dalla voglia di divertirsi e di imparare a vicenda.
Quando si giungeva al fatidico saluto, ci si scambiava sempre l’indirizzo e il numero di telefono (io non avevo il telefono a casa però).
Con la promessa di scriverci, di sentirci e di non dimenticarci.
Non ci siamo mai più scritti né sentiti.
Ma sicuramente molti di loro non li ho mai dimenticati.

Le feste del paese

festa di paeseLe feste del paese erano le feste che più aspettavamo. Dove abitavo io, la festa patronale era poco prima della fine di agosto.
Le giostre arrivavano un giorno prima in piazza, montando le solite attrazioni da paese. Il culmine della festa erano i fuochi d’artificio che salutavano la festa del patrono e ci riportavano alla dura realtà: l’estate stava terminando.
Nel frattempo ci si trovava nel pomeriggio con gli amici di scuola davanti agli autoscontri, i più temerari e i “bulli” di paese si facevano giri infiniti sulle catene, o calcinculo, urlando e imprecando a più non posso. Gli stessi che guidavano gli autoscontri stando seduti sul bordo del sedile, facendo arrabbiare la “voce delle giostre” che intimava di sedersi in maniera corretta.
E la foga con cui spingevano col corpo la macchina durante lo scontro dei veicoli, creando un rinculo senza eguali.
Alla fine i bulli li vedevi alla macchinetta per tirare i pugni, mentre noi che eravamo un po’ meno bulli rimanevamo a guardarli.
Soprattutto perché, già allora, il bullo era circondato dalle ragazzine, con cui civettavano tranquillamente.

baracconi anni 80 Ma la sera era il momento più bello alle giostre. Oltre alla musica a tutto volume e le luci, c’era anche il fascino un po’ “trasgressivo” di girare per il paese di sera con gli amici, a fantasticare su questo e quello magari tenendosi per mano con la fidanzatina dell’estate. L’amica che poco più avanti ti avrebbe mandato a quel paese per tornate col bullo scolastico. Sempre loro, maledetti bulli.
Altra cosa erano le feste patronali al mare.
Qui si evitavano le giostre, perché il bello era avere gli amici di sempre sugli autoscontri, mica degli sconosciuti con cui magari potevi pure rischiare di fare a botte (successo un sacco di volte).
La festa al mare era il momento in cui si sperava di poter vincere un gioco particolare, ma soprattutto che ci fossero i fuochi d’artificio sul mare, accompagnati sì dai genitori, ma poi lasciati fra loro per raggiungere gli amici del mare. Sperando nel bacio con la bambina di cui ti eri innamorato.
Eh no, a me non è mai successo.
Purtroppo.

L’estate sta finendo, e un anno se ne va
Sto diventando grande, lo sai che non mi va

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