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Ciao Aldo

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Aldo

Per noi degli anni 80 il weekend calcistico cominciava il sabato con “Dribbling” condotto da Gianfranco De Laurentiis, per scoprire anticipazioni, curiosità e anche del sano gossip sul mondo del calcio.

Proseguiva la domenica prima di cena, dopo aver seguito le partite in radiocronaca nel pomeriggio, con “90° minuto” dell’indimenticato Paolo Valenti, così da poter vedere i goal che avevamo sentito alla radio.

Continuava la notte con “La Domenica Sportiva” in cui si parlava e si analizzavano le varie partite e le situazioni di squadre e classifiche.
Il lunedì era teatro del “Processo del Lunedì” condotto con ironia e competenza da Aldo Biscardi, che chiudeva idealmente i giorni calcistici che sarebbero tornati il sabato seguente.

Pochi anni dopo sarebbero arrivati anche gli appelli, le infrasettimanali, le coppe europee (negli anni 80 televisivamente si seguivano solo le squadre italiane) e i mille programmi giornalieri.

Ma a quei tempi no.
Aldo Biscardi chiudeva il cerchio.

Con il suo fare molto casareccio oserei dire, da vicino di casa, e anche un po’ da arbitro. Era l’inizio di una televisione un pelo più urlata, ma sicuramente non il carrozzone che è diventato nel tempo.

Per me Biscardi, però, rimarrà soprattutto quello che parlava della Longobarda, del miracolo di Aristoteles, facendo domande al presidente Borlotti e al mister Oronzo Canà nel supercult “L’Allenatore Nel Pallone” con Lino Banfi in cui Aldo si prestò, come molti suoi colleghi, ad interpretare se stesso con quel fare ironico che era parte del suo io.
Poche ore fa Biscardi ci ha salutati, dopo tanti anni passati assieme.

Ed il calcio televisivo ora è un po’ più povero e triste.

 

1 commento

  1. E’ sempre brutto parlare di chi non c’è più, ma sinceramente trovo a dir poco vomitevole il fiume di belle parole che dalla sua morte, sta incensando Biscardi a “maestro” di giornalismo. No grazie. Vero è che il tempo annacqua i ricordi, e cancella (quasi tutti) quelli brutti .. ma proprio il cameo all’interno de L’allenatore nel pallone, racconta bene cos’è stato Biscardi e, di riflesso, la degenazione del racconto calcistico italiano negli anni a venire ; con l’uomo di Larino a ruolo di prim’attore.

    In quei selvaggi anni 80, anni così “catodici” -i primi, in cui il calcio prese “colore” e divenne protagonista di quello schermo rettangolare- , il Biscardi che dialoga con Oronzo Canà fa quasi impressione : al di là di qualche piccolo scivolone dialettale, Biscardi parla un italiano pressoché perfetto .. tranquillo, posato, pare quasi un’altra persona. O meglio, pare voler rincorrere i massimi cantori sportivi dell’epoca : gente come Brera, Caminiti o Ciotti, scrittori prestati al giornalismo, che con le loro parole erano capaci di elevare a mito anche undici semplici uomini che correvano dietro a un pallone.

    Ma è proprio in quel selvaggio ed edonista decennio che, purtroppo, pian piano la confezione ha cominciato a contare più del prodotto. Anche in televisione. E in questo -dobbiamo ammetterlo anche turandoci il naso- , Biscardi si è dimostrato di un’intelligenza e lungimiranza rara, indiscussa : chi vuoi che rimanga davanti allo schermo ad ascoltare un’intelligente ma sonnacchiosa analisi sportiva .. il tifoso si esalta con discorsi da bar sport, quelli che da anni si sentono il lunedì mattina davanti al bancone, quelli che pretende di fare ogni commissario tecnico de noantri che vive dentro di noi. Da qui, dal parlare dalla testa alla pancia, il passo fu breve.

    All’inizio si trattò solo di “movimentare” un po’ gli ammuffiti talk sportivi del tempo ; e non che questo fosse un male assoluto, anzi. Ma ben presto, la narrazione televisiva imposta da Biscardi vide defenetrato ogni sorta di ragionamento logico : o meglio, l’importante era che i ragionamenti fossero uno, nessuno e centomila, meglio ancora se esposti accavallandosi (almeno) tre alla volta .. un costante chiacchiericcio indefinito, una fuffa che non portava a nulla, se non ad aumentare i punti di share. Quantità a scapito della qualità, una lezione che purtroppo è stata fatta propria negli anni seguenti dai tanti epigoni di Biscardi, proliferati per fagocitare quel poco che restava del vecchio, indifeso giornalismo di una volta.

    Biscardi non è forse stato l’unico responsabile dell’odierno carrozzone -obbiettivamente, la metamorfosi si è lentamente sviluppata nell’arco di quasi trent’anni- , ma ciò non lo esenta da colpe, tutt’altro : l’imprinting di un calcio strillato e non più raccontato, di un giornalismo esaltato e non più ragionato, beh questo gli appartiene senza mezzi termini. Non so davvero se il calcio televisivo, oggi, sia più povero e triste senza Biscardi : di sicuro, è un calcio peggiore di quello che conoscevamo prima del suo avvento. Non un complimento.

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