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Date a Cesare quel che è di Cesare

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Cesare
È il 1983, io e cavoz siamo a qualche sabato pomeriggio dell’oratorio e abbiamo in tasca io un pettine e lui una spazzola. Ci sbellichiamo dalle risa tirandoli fuori al momento meno opportuno e declamando, mentre ci pettiniamo, “Salve, sono Cesare Ragazzi e mi sono messo in testa un’idea meravigliosa”.

Voglio ricordare qui che negli anni 80 perdere i capelli era una tragedia.
A partire dalla metà degli anni 90 ci pensarono Gianluca Vialli e Claudio Bisio a rendere la cosa più esteticamente e socialmente accettabile; ma fin lì essere bianchi e pelati era un disastro. A rappresentare la virilità c’erano solo Kojak e Yul Brinner, un po’ poco e soprattutto troppo lontani; l’alternativa nazionale erano i capoccioni del Pentapartito come Craxi, De Mita, Fanfani, che Beppe Grillo rappresentava inscatolati in una lattina con l’etichetta “Pelati Cirio”. Raggiungerli nell’empireo dei calvi non era esattamente desiderabile.

cesare ragazziMa nel 1983 per noi la pubertà era solo una parola con l’accento, la calvizie un’ipotesi remota come la guerra termonucleare e Cesare Ragazzi un buffo tizio coi baffi che imperversava sulle reti del Biscione, come Rotowash e Aiazzone. Per questo ci faceva tanto ridere. Non ci rendevamo conto che l’idea meravigliosa era una scialuppa di salvataggio per quanti potevano solo ricorrere al riporto o alla parrucca, due soluzioni grottesche che esponevano al rischio di figuracce micidiali: niente casco, niente cappelli, obbligo di chiudersi in casa in caso di vento.

L’idea meravigliosa del buon Cesare, già chitarrista dai lunghi capelli in gioventù, era in pratica la versione tricologica di Kukident: un parrucchino incollato (sul sito si parla di “epitesi”, che è come dire “non vedente” al posto di cieco). Un’idea semplice ma abbastanza efficace, con applicazioni insospettabili (Ron, Lucio Dalla) e che gli permise di costruire un piccolo impero fondato sul capello.

Come faccio a saperlo? Beh, perché ci sono andato.

Nel 1993, dieci anni tondi dopo quel pomeriggio con il pettine in tasca, mi ritrovo con un altro amico, Andrea, nell’affollata zona telefoni pubblici del Politecnico, sconfortati dal conteggio dei capelli rimasti ogni sera nel piatto doccia e ogni mattina sul cuscino e pronti a telefonare a Cesare Ragazzi.

cesare ragazziL’idea, più imbarazzante che meravigliosa, è venuta a lui, ma semplicemente perché per me telefonare a Cesare Ragazzi era come telefonare a Ezio Greggio. Non è che chiami tutti quelli che vedi in TV. Invece toh, sull’elenco telefonico Cesare compare. Dato che Andrea è la mente dell’operazione, io mi rassegno a essere il braccio: alzo la cornetta e lo chiamo, in mezzo alla folla dei coetanei, vergognandomi come un topo e parlando con la mano sulla cornetta come Fantozzi e Filini. All’altro capo del filo non risponde Cesare, bensì una signorina gentile che mi propone di fissare un appuntamento. Mi volto verso Andrea per chiedergli quando gli va bene, e lui mi dà una risposta che non dimenticherò più: “Domani è già troppo tardi”.

Cosa successe in seguito ve lo racconterò un’altra volta (del resto non eravamo già più negli anni 80…), ma per la cronaca, cavoz ha ancora tutto al suo posto, e pure dello stesso colore di prima; Andrea ha una pettinatura molto parente del riporto e io invece sono pettinato come, uhm, Bruce Willis.

Nemmeno Cesare Ragazzi ha potuto farci niente.
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Pubblicità Cesare Ragazzi 1983 (fonte: www.80s.it)

 

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