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Don’t You Want Me

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Don't You Want Me
Ci sono dei brani che appena inizi ad ascoltarli sai già da che epoca provengono, da quanto ne incarnano e rappresentano lo stile, le sonorità, gli strumenti.

Oggi vi voglio parlare di un brano che per me è un simbolo degli anni 80: quando penso a questo brano, o ne sento l’intro, mi dico “Ecco gli anni 80”.

Il Brano è Don’t You Want Me degli Human League.

Pubblicato dal gruppo britannico nel 1981, è contenuto nel loro album Dare: lo stile è quello new wave e sinth pop di cui gli Human League sono tra i “padri fondatori”.

Scritto da Phil Oakey, Jo Callis e Philip Adrian Wright, il singolo ha riscosso un grande successo in tutto il mondo, raggiungendo la prima posizione della classifica di molti Paesi tra cui Regno Unito, Stati Uniti, Norvegia e Nuova Zelanda, in Italia il singolo si piazza al 15.o posto, il che non gli impedirà di diventare un super-classico.

Philip Oakey inizialmente non si aspettava tutto questo successo, ma il brano nel Regno Unito impazza e resta al numero uno della classifica per tutto il periodo natalizio – un totale di cinque settimane – divenendo il singolo più venduto in assoluto del 1981 e il quinto singolo più venduto dell’intero decennio, con un totale di 1,5 milioni di copie vendute solo in UK. Il suo successo si ripete sei mesi dopo negli Stati Uniti, dove il brano raggiunge il numero 1 della Billboard per tre settimane.

Sulla spinta di questo successo viene realizzato anche un video musicale elaborato e costoso per gli standard dell’epoca. Girato nel novembre del 1981 vicino a Slough nel Berkshire, il video è basato sul film “A Star is Born” e ha per tema… un film su un omicidio misterioso, con i membri della band come protagonisti.

https://www.youtube.com/watch?v=UL9UNdpZNlo

Del brano sono state realizzate diverse cover, alcune comunque di successo: vorrei ricordare la versione incisa nel 1989 dalla cantante britannica Mandy Smith. Piuttosto nota è anche la versione del gruppo svedese Alcazar.

Oggi la canzone è ampiamente considerata un classico della sua era. In una recensione retrospettiva, Stephen Thomas Erlewine, senior editor di AllMusic, ha descritto la canzone come “una cronaca devastante di una storia sfilacciata, avvolta nei più grandi ganci pop e nella produzione del suo anno”.

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