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Gli anni 80 incontrano Tom Hooker

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Tom Hooker
Tom Hooker
Alzi la mano chi si ricorda Tom Hooker.

No, non c’entra con T.J. Hooker, il telefilm in cui il capitano Kirk al posto di quella bella patonza di Uhura si portava appresso quella bellissima patonza di Heather Locklear. Di quello parleremo un’altra volta.

Se non vi ricordate Tom Hooker è anche perché ha usato spesso pseudonimi, come Fax To Fax o H.T. Beecher. Ma la sua voce la conoscete di sicuro, perché è la voce di… Den Harrow. Il cantante simbolo dell’italo disco, infatti, non ha mai veramente cantato (perlomeno non in quegli anni), limitandosi a prestare il suo volto a canzoni scritte, musicate e cantate da altri. Niente che non sia capitato più volte negli anni successivi (Milli Vanilli vi dice niente?), ma come sempre quando si tratta, fatta la legge, di trovare l’inganno, gli italiani dimostrano di avere una marcia in più.

Facciamo comunque un passo indietro. Nato nell’amena cittadina di Greenwich, Connecticut, nel 1957, Tom si trasferisce in Italia nel 1980, a 23 anni. Registra qualche pezzo per la milanese Harmony, mettendo a punto il suono basato su tastiere elettroniche e sintetizzatore che diventerà caratteristico di quel periodo. Lavora anche come modello e attore di fotoromanzi, ma la sua carriera decolla nel 1984 grazie all’incontro e alla collaborazione con i produttori Roberto Turatti e Miki Chieregato, con i quali incide i suoi maggiori successi: Looking For love (1986), Help Me (1986), Atlantis (1987) e Feeling Okay (1988). Per tutto l’inizio degli anni novanta sforna ancora successi con gli “Elastic Band” e successivamente Tom torna negli Stati Uniti, si stabilisce a Las Vegas e si dedica alla fotografia, che diventa la sua professione. È proprio da Las Vegas che Tom risponde alla nostra intervista che inaugura la rubrica dedicata alle interviste originali con i protagonisti degli anni ’80.

Ciao e bentornato (almeno sul nostro sito…) negli anni Ottanta.
Durante tutto il periodo degli anni 80 hai realizzato grandissimi successi, partecipato a San Remo e anche recitato in un film. Quali sono i ricordi più belli del periodo trascorso in Italia?

Forse girare d’estate per partecipare alle feste di piazza. Si andava al mare di giorno, si cantava la sera… e poi si mangiavano specialità locali.

Gli anni ’80 sono definiti da molti “il periodo nel quale tutto era possibile”, ma era veramente così?

C’era il boom delle radio private e delle TV private. Qualsiasi industriale con un pò di soldi poteva comprare il materiale per aprire una TV privata. C’erano Tele Cupole, Antenna 3, Telelombardia, Telestudio e tante altre.
Su tutte, di solito, il sabato sera c’era uno spettacolo di varietà dove ospitavano cantanti e personaggi. E poi c’erano le maxi discoteche piene zeppe. Il gusto della gente era diverso e molto più vario: oggi si ballano quasi solo pezzi a 120 BPM, allora si ballavano reggae, terzinati, lenti, rock e via dicendo. Era permesso tutto…

Ai tempi, a differenza di oggi, i dischi vendevano milioni di copie, si facevano tante serate e le neonate TV commerciali proponevano tanta musica. Insomma, senza giri di parole, riuscivi a guadagnare bene con la tua professione?

Dal 1978 al 1994, quando ho lasciato l’Italia, vivevo solo di musica. Chiaramente guadagnavo bene, ma non ero diventato istantaneamente ricco. Vivevo alla giornata… A partire dal 1985, ho iniziato a guadagnare di più, perché alle serate si erano aggiunti i soldi della SIAE. Ho comprato un attico che occupava tutto l’ultimo piano di un palazzo e andavo in giro con 5 macchine e una Harley Davidson. Pagavo regolarmente le mie tasse e fatturavo tutto. Sinceramente, non mi sembravano soldi esagerati perché pagavo un pò io e un pò i gestori dei locali.


A seguire, negli anni Novanta, l’amore ti ha riportato in America e ora svolgi (a nostro parere con successo) l’attività di fotografo. Insomma l’arte è nel tuo sangue, parlaci un po’ di questa tua passione.

La fotografia è una passione nata in Italia nell’ambito della moda. Avevo tante amiche modelle e quando guardavo il loro book di foto pensavo di potere fare meglio. Ho cominciato la fotografia per hobby, poi è diventata un lavoro in America. Credo che i 15 anni passati in Italia mi siano serviti, perché lo stile Italiano è unico al mondo. Sono stato impregnato da questo stile. Per questo ho un po’ di paura perché vedo che la nuova generazione purtroppo sta copiando gli americani, e il vostro gusto sta andando in declino.
Oggi quando vado in Italia vedo i giovani che si vestono male, mentre paradossalmente gli anziani si vestono ancora bene. Quando un giorno quegli anziani moriranno, tutto il mondo si vestirà malissimo come fa la maggiore parte degli americani… Negli anni ’80 invece gli italiani li riconoscevi subito già negli aeroporti da come si vestivano. Oggi si fa più fatica!
Per quanto riguarda me, faccio l’artista perché non so fare altro… Per fortuna, la gente compra le mie foto: secondo me è un po’ un miracolo! Ma il mondo non è giusto. Ci sono artisti che meritano e che non vendono, e poi ci sono io. Il fatto di vendere come faccio io è una grazia di Dio e ne sono molto riconoscente. Come nell’ambito della musica, ci sono tanti che hanno talento senza avere un grande successo e viceversa.

So che non aspetti altro, ma vuoi parlarci un po’ della “questione Den Harrow” e della tua pubblicazione del tuo ultimo album sotto il nome di “Tam Harrow”?

Stefano Zandri, l’immagine di Den Harrow, e Roberto Turatti che sarebbe il
co-compositore delle canzoni, sono due bluff nella storia dell’Italo disco. Ho preso tante critiche negli ultimi anni per avere dichiarato la verità, ma ora quasi tutti sanno che Zandri non cantava, perché finalmente l’ha ammesso dopo avermi dato del bugiardo per anni.
Roberto Turatti, invece, non ha mai pubblicamente ammesso di non avere scritto niente. Tutte le musiche erano composte da Miki Chieregato e alcuni pezzi in collaborazione con altri… ma mai da Turatti! Roberto Turatti ha firmato tutti i pezzi come autore, ma era solo il produttore. Tanti non capiscono l’importanza di questo fatto e se ne sbattono perché per loro non è importante per loro. Ma è un fatto molto grave: lui è stato un bravo produttore e su quello non si discute, ma il produttore di Baglioni o Dalla non firmava i pezzi composti da loro! Invece non solo Turatti lo faceva, ma si prendeva i soldi e i meriti; e ora che Miki o io lo dichiariamo pubblicamente, facciamo noi la parte dei cattivi.

E la reazione dei fan non è stata per niente buona: questa è una cosa caratteristica degli Italiani. Mi ricordo quando andavo al bar e dicevo che mi avevano rubato l’autoradio, mi chiedevano: “Ma l’hai lasciata sotto il sedile? -“ Se rispondevo di sì, mi dicevano tutti: “Aaah, allora è colpa tua, pirla! “.
La cosa più terribile per un italiano è di essere stato fregato. Diventi colpevole. Invece il vero colpevole è sempre il ladro anche se lasci le chiavi in macchina!
Il progetto Tam Harrow è la prova che abbiamo composto le canzoni noi due. Se metti in uno studio Turatti e Zandri, che hanno preso lodi per 30 anni e sono simboli dell’Italo Disco, non sono in grado di creare una semplice canzone. Non sanno comporre né scrivere i testi in inglese. Il progetto Tam Harrow è la continuazione del nostro lavoro di 25 anni fa, come se si fosse fermato il tempo. Molti ci dicono che queste canzoni, fossero uscite negli anni Ottanta, sarebbero state dei successi. E’ chiaro, non è la musica di oggi: ma meglio così, noi siamo esperti a fare la musica di ieri, e chi meglio di noi può fare la vera Italo Disco oggi? hahaha

(Scopri la pagina ufficiale Facebook di Tam Harrow)

La collaborazione artistica e l’amicizia con Miki Chieregato è continuata negli anni. Parlaci un po’ di lui, di come e se ha influito nelle tue scelte durante il periodo passato in Italia e anche quello successivo in America.

Quando ho conosciuto Miki in Italia, mi ha introdotto al sound Italo. Io ero molto più… americano, musicalmente. I pezzi che componevo erano più sul “funky”, forse più nello stile di Mike Francis. Miki era più elettronico e inglese nelle sue composizioni a quei tempi. Venne a trovarmi in vacanza in America, voleva trasferirsi lì e ha fatto il solito giro che fanno tutti. E’ andato a New York e a Los Angeles, ma non si era particolarmente entusiasmato. Nelle grandi città c’e troppo casino e troppa gente, e questo è vero anche in Europa. Quando è venuto a Las Vegas, invece, si è innamorato del posto, come ho fatto io dopo 8 anni in California. Si è stabilito qui perché sua moglie è nata negli Stati Uniti e di conseguenza poteva farlo, legalmente.

Per quanto riguarda la musica oggi, e chiaro che se non fosse per Miki, non farei nessuna musica. E’ lui che ha tutta l’attrezzatura. Ho scoperto che Miki può comporre qualsiasi genere di pezzo e a differenza di ieri, ho più influenza oggi sulle composizioni. Negli anni ’80 lui componeva tutto, musica e melodie; ora invece mi lascia fare le melodie: un po’ per convenienza e un po per rispetto, immagino.
E’ più facile per un cantante fare la sua melodia, piuttosto che cantare la melodia di un altro, e ne è consapevole. Negli anni ’80 era più preciso, dovevo seguire le linee melodiche nota per nota. Oggi siamo più rilassati e meno stressati dalle esigenze discografiche, e credo che di conseguenza, ridiamo di più. Anzi: vendiamo mille volte di meno, ma ridiamo mille volte di più… e fa bene alla salute.

C’è qualcosa che rimpiangi di non aver ancora fatto nella tua carriera artistica?

Mi ritengo molto fortunato ed è un elemento enorme che non viene mai preso in considerazione. La fortuna è essenziale. C’e una cosa che vorrei fare un giorno, quando sarò grande. Cantare tutti i maggiori successi Italo dal vivo con l’orchestra sinfonico della RAI e con Fio Zanotti come direttore d’orchestra! Chiaramente, tutti in giacca e cravatta. Lo farei gratis, ma ci vorrebbe comunque un grosso budget; sarebbe però un’impresa gigantesca e una bella figura per l’Italia.
Sarebbe bello fare sentire questi pezzi all’estero e legitimizzarli cantandoli dal vivo.
Sono tutte delle “canzoni”, non solo del “Tum Tum”.

Per finire, seguendo il titolo della popolare canzone di Raf, cosa resterà degli anni ’80?

Solo dei ricordi prima di perdere la memoria con la vecchiaia. Ho scoperto, ora che sono grande, che c’e tanta distorsione sulla realtà dei fatti avvenuti in quei anni. Posso dire che c’ero, ho vissuto quei tempi e oggi a volte leggo delle cose assurde. Ci sono quelli che dicono di avere venduto milioni di copie e io so con certezza che non è vero. Tanti cercano di cambiare la storia, e la cosa triste è che ci riescono. Vanno in TV, raccontano bufale e scrivono favole sui giornali e la gente ci crede perché reputano il giornale, o un libro, una cosa seria e legittima. Invece, queste persone sono sempre state senza scrupoli. A forza di dire menzogne, la gente poi crede che e la verita, purtroppo.

Grazie ancora a Tom Hooker per la grande disponibilità nel concederci l’intervista, di seguito potete trovare un pò di suoi successi in video.

1 commento

  1. Il solito Simpaticone Tom . . . come un gattino attaccato ai maroni . . . la storia è scritta e nessuno la può cambiare . . . se si fosse ribellato nel 1980 forse il progetto Den Harrow non sarebbe esistito . . . ma neanche i tanti successi che Stefano Zandri mettendoci la faccia ha amplificato . . . infatti se si guarda il progetto Tom Hoker non ha neanche lontanamente ottenuto il successo del progetto Den Harrow

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