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I loghi Olimpici negli anni 80

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loghi Olimpici
Da sempre, lo sport, é la cassa di risonanza, il megafono, attraverso il quale la politica, di qualsiasi colore, ha comunicato i propri successi, celebrato la propria grandezza, legittimato la propria supremazia.

Gli anni 80 hanno rappresentato proabilmente l’apoteosi del confronto politico, ideologico ed anche militare tra il blocco sovietico e quello occidentale.

Una decada che ha visto entrambi gli sfidanti giocare in casa (mosca 1980, los angeles 1984), autocelebrandosi, ma senza la presenza (boicottaggio) dell´avversario sul proprio terreno di gioco.

Una sfida combattuta a colpi di sonde spaziali, di missili atomici, ma anche a colpi di record e di medaglie olimpiche.
Un palcoscenico, quello dei giochi, dove anche i loghi olimpici hanno giocato un ruolo chiave, comunicando contenuti e chiavi di lettura che andavano ben al di lá del puro tratto grafico.

Analizzeremo i loghi dei giochi estivi ed invernali della decada degli anni 80: Mosca, Salt Lake City, Los Angeles, Sarajevo, Seoul e Calgary.
E´interessare notare come due dei sei paesi ospitanti: l´URSS e la Jugoslavia, non esistano piú…

Mosca 1980.

Siamo in piena guerra fredda ed anche l’assegnazione dei giochi risente delle tensioni politiche. Il comitato olimpico internazionale opta per un salomonico pareggio: le olimpiadi estive a Mosca e quelle invernali a Lake Placid. URSS-USA 1 a 1.

Candidate alle olimpiadi estive del 1980, furono Mosca e Los Angeles; anche in questo caso, praticamente vinsero entrambe! Le olimpiadi estive successive, quelle del 1984, furono infatti assegnate alla cittá californiana.

Il logo di Mosca 1980 é una assoluta celebrazione dell´architettura sovietica.
Il pittogramma, ossia il segno iconico, é fortissimo.
E´uno slancio verso l´alto. Verso il cielo. E’ la corsa per la conquista dello spazio. E’ quasi una astronave che con sforzo sovrumano si lancia oltre le nuvole.

A differenza dei loghi commerciali, nella comunicazione olimpica non esiste payoff. Non é necessario rafforzare il tratto grafico con nessun tipo di testo (“just do it“, per intenderci). Si tratta di un contenuto che non deve conquistare il mercato, bensí proiettare una simbologia celebrativa.
Non dobbiamo vincere nessuna guerra commerciale. Dobbiamo celebrare una vittoria.

Il logo é interamente di color rosso. Of course.

Gli anelli olimpici che tipicamente sono di 5 colori, e che dovrebbero rappresentare i 5 continenti, sono colorati anch´essi di rosso. Segno di una ineluttabile traiettoria della storia, che presto colorerá di rosso l´intero pianeta.

I tratti paralleli che si corrono verso l´alto, richiamano le righe della pista di atletica. Cioé della della disciplina regina delle Olimpiadi: la corsa.
Le righe sono convergenti e si innalzano raggiungendo la stessa identica meta. La stella rossa. Il soviet.

Un tema, quello delle righe della pista di atletica, che nasce con Messico 1968.
E che influenzerá la dimensione grafica dei loghi olimpici dell´intero decennio.
A modesto avviso di chi vi scrive, quello messicano, é forse il miglior logo olimpico di sempre.

Home Lake Placid 1980.

Home, casa. Calore e sicurezza.

Una casa, un tetto stilizzato ed un camino; colorato di azzurro, che é la dimensione intima della tranquillitá.

Una “casa americana“. Con un tetto protegge ed un camino che riscalda. Per sentirsi finalmente in un luogo sicuro e di pace.
A differenza del logo delle olimpiadi sovietiche, questa é una immagine statica. Ferma, sicura, accogliente e di pace. Al suo interno il rosso, il bianco ed il blu.
America significa tutto questo: sicurezza, protezione, pace e calore umano.

Ritornano i colori originali dei cerchi olimpici. Che prendono il posto della stella rossa del logo di Mosca.
I cerchi sono sottilissimi. E le distanze (tra un cerchio e l’altro, ossia tra un continente e l’altro) sono comunque ancora ampie.
Il mondo e´ un luogo fragile e insicuro. La “american home“, l’unico vero rifugio.

Il font e´ fresco. Aperto. Rotondo.
Riempie lo spazio. E´ inclusivo e pieno di curve. Ad ammorbidire ed equilibrare la rigiditá e gli spigoli del tetto della “casa“ americana.

Il 1984. Los Angeles e le “stars in motion“

Mosca ed il blocco sovietico restituiscono il favore, boicottando i giochi.
Saranno quelli di Los Angeles gli ultimi giochi “macchiati“ da un boicottaggio politico.

Un tratto comune, rispetto alle olimpiadi di 4 anni prima, é la presenza della stella come chiave simbolica. La stella é fede, é speranza, é energia. Ma se a Mosca, é presente una sola stella (ossia una sola fede, una sola speranza), la manifestazione americana di stelle ne ha addirittura 3.

Inoltre, mentre la stella di Mosca era di piccole dimensoni ed era disegnata come un punto fisso lontano nel cielo, qui le stelle sono enormi, giganti. Sono vicine e sono veloci.

Sono le “stars in motion“!

Anche in questo caso il tema del movimento é presente in modo formidabile nel logo.
Ma non é piú una tensione verticale, bensí un dinamismo orizzontale.
La gara non é píu verso l´alto… Yuri Gagarin e le missioni Apollo sono un ricordo lontano! É una conquista orizzontale. A superare i blocchi, i muri.

Le stelle in movimento sono dinamismo, competitività.
Il mondo cambia ed un presidente ex attore ed ex stella (di nuovo una stella) di Holliwood, Ronald Reagan, impone una nuova lettura dell´american dream: l’edonismo reaganiano.
Non c’é piú tempo da perdere con le contrapposizioni politiche…
E’ nato il business globale. Ed il business globale va rincorso ed afferrato ad ogni costo. Gli yuppies stanno per conquistare Wall Strett ed il mondo.

Quella di Los Angeles, sará anche l´olimpiade che ha generato profit stratosferici, grazie alla TV ed alle sponsorizzazioni, che giocano un ruolo sempre piú centrale nello sport: 250.000.00 di $.

I cerchi olimpici (ossia il mondo) giace ai piedi di questa America che, ambiziosa ed affamata, corre alla ricerca edonistica del successo e della felicitá.

Graficamente, i cerchi sono disegnati con uno spessore piú marcato; perché il mondo é piú ricco e ci sono maggiori opportunitá… ed i cerchi, cioé i continenti, sono posti piú vicini l’uno all’altro. Segno che viviamo in un pianeta sempre piú interconnesso: il 1983 sará l’anno del Dyna TAC 8000, primo telefono cellulare messo in commercio.

Olimpiadi invernali di Sarajevo 1984

Siamo negli anni dell’arial (inteso come font). Creato nel 1982 da Robin Nicholas e Patricia Saunders e destinato a conquistare il mondo in brevissimo tempo.
Superando anche le barriere ideologiche ed affermandosi come font scelto per le prime olimpiadi del blocco dell’Est (escludendo l’Unione Sovietica).
Ed anche le uniche (ed ultime) celebrate in un paese della penisola balcanica.

Sarajevo scieglie quindi la semplicitá; che é rappresentata anche dalla scelta di una grafica pulita e priva di fronzoli. Proprio come l’arial.
Eppure una simbologia, quella scelta dal comitato jugoslavo tutt’altro che semplice (o superficiale).

Un fiocco di neve stilizzato. Apparentemente innoquo, quasi infantile.

Dove peró si possono riconoscere 4 persone che a braccia alzate celebrano lo sport e l’unione. L’armonia dell´insieme.
Sono i Serbi, gli sloveni, i croati ed i montenegrini che dimenticano i particolarismi, le differenze etniche e religiose, e festeggiano uniti da un ideale universale: lo sport. Ed i cerchi olimpici, che stanno al di sopra tutto (e di tutti).

Quattro persone identiche in tutto e per tutto: le dimensioni, i tratti, il colore.

Nella chiave grafica, si riconoscono quattro volti (quadrati, stilizzati), ed un volto centrale. A simboleggiare come quattro popoli diversi, si uniscano per formare un quinto unico grande popolo, quello jugoslavo. Un popolo trans-etnico, trans-nazionale, trans-religioso.

Osservando con maggior attenzione il logo, si nota peró che il quinto popolo, quello jugoslavo, non esiste. É una illusione ottica, generata dal pattern grafico delle braccia alzate.

Che ironia …

In questo logo non ci sono stelle, (nonostante al centro della bandiera jugoslava vi sia una stella enorme) e non ci sono strisce (nella bandiera di Tito erano peró presenti tre strisce, bianco rossa e blu, simbolo della fratellanza slava).

Sarajevo opta per un logo senza bandiere divisive e senza colori. O meglio: con solo colore, l’arancio. Che é un tipo di rosso, ma meno inteso. Meno rigido. Meno… allineato…

Con il senno di poi, ed avendo il vantaggio di sapere giá come sarebbero poi andate le cose (una guerra ferocissima che a pochi anni di distanza che avrebbe disgregato il paese e generato orrori etnici nel cuore della civile Europa), il logo di Sarajevo ci appare come la perfetta rappresentazione della artificiositá del sogno jugoslavo.

Seoul 1988

Siamo oramai ai titoli di coda della guerra fredda.
Dopo due edizioni fortemente polarizzate, a Seoul si celebrano le prime olimpiadi “post ideologiche“.
O quasi; mancavano all´appello infatti la Corea del Nord (ça va sans dire.), Cuba, Nicaragua ed Etiopia.

Eppure, la politica influenza in qualche modo anche questa edizione dei giochi olimpici estivi; in Corea del Sud, nel 1980, i militari avevano preso il potere attraverso un colpo di stato.
Le olimpiadi, con il loro straordinario impatto mediatico, accesero i riflettori non solo sullo sviluppo economico di una delle piú aggressive tra le tigri asiatiche, ma anche sulle proteste di piazza, le violazioni dei diritti civili, le feroci repressioni delle manifestazioni studentesche…
La transizione democratica ed una libera elezione del nuovo presidente, furono il prezzo da pagare, da parte delle Corea, per vedersi assegnare i giochi olimpici ed entrare a far parte del novero dei paesi che contano. Non solo economicamente.

Nel logo si legge il cambio di questo clima mondiale. La parola chiave é: distensione. E sono proprio la distensione, la pace e l´armonia i valori trasmessi dal logo olimpico.

Il richiamo, forte, é ad uno dei simboli tradizionali coreani: il “Sam Tae Guk“.

Ovvero ai 3 (sam) elementi (Tae) della terra (guk).
Imagine che ricorre anche nella bandiera della Corea del Sud e che nelle sue forme e nei suoi colori affonda le radici nella filosofia nella tradizione confuciana.

I 3 colori simboleggiano infatti il cielo (l’azzurro), la terra (il rosso) e l’umanitá (il giallo).

Tre colori che si mescolano e ricercano l’armonia. L’individuo trova il proprio senso di essere nella armonia con gli altri elementi.

Come a Mosca e a Los Angeles, anche in questo caso, il logo é un simbolo dinamico.

Ma la lettura di questo dinamismo é´ profondamente asiatica e confuciana; non é infatti da interpretare come uno slancio verso l´alto (Mosca ´80) o come l´affannosa ricerca della felicitá individuale o del business (Los Angeles ´84). Il logo di Seoul é´ rappresentazione del movimento degli elementi verso l´unitá. I singoli si muovono verso il centro e verso l’armonia.

Il movimento infatti é da intendere nella direzione opposta rispetto a quanto avveniva a Mosca ed a Los Angeles. Non verso l´alto o verso l’esterno. In Corea il movimento avviene da fuori verso il centro.

Una simbologia che richiama anche al tema degli atleti in gara. Superati i boicottaggi (retaggio del passato), i migliori atleti del mondo accorrono a Seoul per dare vita a dei giochi dove partecipa l’umanitá intera (il giallo), di tutti i paesi (il rosso), sotto lo stesso cielo (l’azzurro).

Gli anelli olimpici sono netti, marcati, e splendono dei loro 5 colori. Graficamente sono posti ai piedi del logo olimpico, segno di una chiara ed evidente relazione di potere: sono anzitutto i giochi coreani.

Sono le olimpiadi dei nuovi sport sperimentali. Come il baseball (sport nazionale in Corea), del tennis (che fa il suo ritorno come sport olimpico), ma soprattutto del Taekwondo. L’ arte marziale coreana per eccellenza (il logo, concentrico, richiama anche la tradizione della ricerca dell’armonia e delle mosse – armoniche, appunto – del taekwondo).

Una disciplina che di fatto permetterá alla Corea del Sud di fare incetta di medaglie d’oro.

Calgary 1988

 

Entrambi gli appuntamenti olimpici del 1988 vengono assegnati ad un paese allineato (o alleato) agli Stati Uniti.
Segno evidente che il blocco sovietico aveva oramai perso la sua forza di imporre una agenda anche sportiva a livello mondiale. La Corea del Nord aveva invano cercato di ospitare alcune delle gare delle olimpiadi estive. Il boicottaggio da parte dei “fratelli del Nord“ fu causato anche da questa scelta da parte del Comitato Olimpico Internazionale.

Nel logo di Calgary 1988 si ritrovano i colori e l’emblema nazionale della bandiera canadese.

Un pentagono stilizzato che riproduce il profilo delle foglie di acero. Fortissimo simbolo identitario di un paese, che ha avuto il suo bel da fare, anche se a livello infinitamente minore rispetto alla tragedia jugoslava, nel tentativo di integrare l´anima anglofona e quella francofona presenti in Canada.

Contemporaneamente, una immagine che fa pensare ad un fiocco di neve, come a Sarajevo. Ma con un richiamo non tanto ai temi di pacificazione sociale nei balcani, bensí ad un tema che era ai suoi primi vagiti ma che presto avrebbe travolto l´agenda politica globale: l´ecologia e l´impegno per il pianeta.

Il pattern grafico, ricorda anche certi tatuaggi tribali dei nativi canadesi. Siamo nel 1988, ma sembra un tema di oggi! Anche il Canada, terra di apparente pace e tranquillitá, sta tuttora facendo i conti con il suo passato coloniale.

I tratti del logo, disegnano, in forma stilizzata, una delle tante foreste che coprono interamente il territorio canadese.

Ma sono tratti sottili, fragili. Che potrebbero scomparire.

Quello che invece scompare in modo assolutamente deciso é il tratto politicizzante.

L’impegno a proteggere le foreste, la natura é un impegno trasversale. Che supera qualsiasi blocco ideologico.
Il Canada, un paese verde ed a stretto contatto con la natura, ispira un contenuto forte e che come sappiamo sará sempre piú centrale.

Per noi italiani, quelli di Calgary saranno i giochi di Alberto Tomba, la bomba.

Saranno giochi nei quali l’Unione sovietica (e la Germania Est) celebreranno una superioritá sportiva tanto schiacciante, vincendo oltre 50 medaglie, quanto peró effimera…polvere di stelle! Trofei da riportare in patria, anche se la patria si ritrova ora senza piú vetrine dove contenere gli ori, senza piú sfilate o palchi dove celebrare le vittorie.

Con Calgary e Seoul, si chiudono i giochi di un decennio durante il quale é cambiato il mondo.

E quando cambiano i contenuti, inevitabilmente, anche i simboli per comunicarli devono cambiare.

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