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Il porno negli anni 80

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Negli anni 2000, quando prese piede YouPorn, ero un maschio adulto già stempiato ma non ancora giunto alla pace dei sensi, e ne godetti. A fine anni 90 ero invece un nerd che già faceva qualche soldino con internet e sapeva sfruttare Napster, dal quale con un po’ di fatica riuscivo a scaricare qualche contenuto interessante – anche se a volte non esente da sorprese. Negli anni 80, quando ero adolescente, recuperare un contenuto hard era invece come trovare un tartufo. C’erano tre opzioni: i giornaletti, la televisione e le videocassette VHS.

edicola pornoI giornaletti non potevamo comprarli; innanzitutto perché eravamo troppo giovani e il giornalaio non ce li vendeva, poi perché in un paese piccolino e con una piazza così piena (eh sì, l’unica edicola era proprio in piazza) non saremmo mai riusciti a mantenere la cosa riservata. Un giorno, mentre camminavamo in riva al fiume, ne trovammo uno usato, mezzo devastato, stracciato. Chissà cosa ci avevano fatto… eppure lo trattammo come una reliquia e lo ricordo più o meno a memoria. Il luogo di ritrovamento fu venerato quasi fosse il luogo santo di un’apparizione Mariana e divenne meta di un continuo pellegrinaggio dettato dalla speranza, mai esaudita, di un nuovo ritrovamento.

La televisione, per quanto mi riguarda, era off-limits. So che c’erano dei programmini interessanti dopo una certa ora della sera, ma delle due televisioni presenti in casa, una era nella camera che condividevo con mia sorella, e l’altra in salotto, sempre presidiata dai miei genitori e in maniera particolare da mia mamma che soleva addormentarsi sul divano. Quei programmi io non li ho mai visti.

Fu così che la mia ‘prima volta’, che ricordo con quasi più piacere di quell’altra prima volta che, qualche annetto dopo, mi promosse ufficialmente tra gli uomini, arrivò con un VHS. Dopo la scuola, io e alcuni miei amici andavamo spesso a casa di Mattia. Mattia era simpatico; forse lo è ancora, ma l’ho totalmente perso di vista. Mattia era anche ricco, e aveva una casa splendida con un giardino dove potevamo giocare a calcio 4 contro 4, un capannone per giocare a calcio 4 contro 4 quando pioveva, una taverna con ping-pong e calcetto e una ruspa. Sì: aveva una ruspa perfettamente funzionante, alta circa 2 metri, modesto regalo per il suo 12esimo compleanno.

Da Mattia sarò andato cento volte. Stavamo in giardino e soprattutto in taverna. Quel giorno no. Quel giorno i suoi genitori non c’erano e ci fece entrare in sala. Non avevo mai visto la sala di Mattia, ma ricordo che pensai che era più grande di tutta la mia casa. Eravamo in sala perché voleva farci vedere un documentario. “Un documentario su cosa?” – chiedemmo stupiti – “Su Gilles Villeneuve” – rispose. La risposta era strana, ma non troppo, perché lui era sempre stato appassionato di motori e tra l’altro so che in seguito ha anche corso in moto. Così ci sedemmo sul divano a guardare il documentario su Gilles Villeneuve.

Prima dell’inizio della proiezione notai uno scambio furtivo di sguardi tra Mattia e Digre, che erano amicissimi, e pensai che non la contassero giusta. Poi Mattia schiacciò play, e cominciò veramente un documentario su Gilles Villeneuve. Fino al minuto 20. Da lì in poi, più o meno il paradiso. Quella fu per me la prima volta, e chiarificai a me stesso molte cose; detto in tutta sincerità, non avevo ancora capito che la faccenda delle femmine fosse posizionata in quel modo lì. La credevo più accessibile. E molte altre cose.

vhs hotAlla fine della proiezione, come nei più canonici cineforum, iniziò il dibattito. Moderatori d’eccezione Mattia e Digre che avevano esattamente il doppio della nostra esperienza, avendo visto il filmato un’altra volta da soli. Esaurite tutte le domande più tecniche, si indugiò sugli argomenti correlati: “Dove hai trovato questo tesoro?”. Si scoprì un fatto curioso: Mattia, solo in casa e annoiato, aveva ricercato senza malizia qualcosa che gli interessasse nella videoteca di suo papà; e quando vide quella videocassetta con scritto ‘Gilles Villeneuve’ ne fu realmente interessato.

Quello stesso pomeriggio, in ognuna delle proprie case, ognuno di noi iniziò una personale caccia al tesoro. Io avevo sempre guardato con sospetto le decine di videocassette di mio fratello “FESTIVAL JAZZ”. Me le sorbii tutte ed erano dannatamente autentiche. Non migliorai la mia competenza né soddisfai appetiti e curiosità, ma in compenso conobbi B.B. King e ascoltai un sacco di buona musica. Ricordo anche di aver guardato per intero il filmone ‘Gli Ammutinati del Bounty’, nella quasi certezza che si trattasse di un titolo farlocco scaturito dall’intenzione di tenere lontano un figlio allupato. La mia caccia al tesoro non ebbe successo, ma quella di alcuni miei amici sì. Digre non trovò VHS, ma un cassetto pieno di giornaletti celati sotto un sottile strato di calzini. Giò trovò un autentico patrimonio, ma la ricchezza improvvisa può essere dannosa e lui non resse: si chiuse in sé stesso e non si fece vedere in giro per un certo periodo.

Giò fu un’eccezione, perché quelle cose lì negli anni 80 erano una questione più di gruppo che individuale. Ancora una volta era la scarsità dei contenuti che ne determinava il valore. Se uno di noi trovava qualcosa di nuovo si sentiva in dovere di condividerlo con gli amici. E creammo un codice tutto nostro per identificare un contenuto hard. Lo chiamavamo semplicemente ‘Gilles’.

Sono passati circa 30 anni e sabato prossimo uscirò a cena con uno di quei miei amici. Se nel mezzo della serata, con presenti le nostre mogli e i nostri figli, lo guarderò e gli chiederò senza preavviso “Ehi Al, ma ti ricordi Gilles?” lui rimarrà un poco sorpreso, farà una faccia impassibile e si inventerà qualcosa. Ma sicuramente capirà.

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