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Il Re Goldrake

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Goldrake
Tratto dal libro “I miei anni ’80”di Mirco Delle Cese

Vero pezzo forte del decennio sono i cartoni animati, soprattutto gli anime nipponici. L’apripista, il principe, il simbolo, il Re appunto di questo nuovo scenario è lui, Goldrake. La sua vita inizialmente, come tutte le novità, non fu facile, tutt’altro.
Goldrake è stato un successo senza precedenti. Non era il primo anime giapponese a giungere in Italia.
Nel maggio 1976, il Primo canale (l’attuale RAIUNO) aveva già trasmesso la coproduzione austro-tedesco-nipponica Vicky il Vichingo; e due mesi prima di Atlas-Ufo Robot era stato trasmesso sul Secondo canale (l’attuale RAIDUE), Heidi, tratto dal romanzo di Johanna Spyri e realizzato da Isao Takahata con la collaborazione del maestro Hayao Miyazaki.

Ma Vicky e Heidi – soggetto e ambientazioni molto europei – non hanno avuto il risalto mediatico che invece ottenne il più rivoluzionario Goldrake. Innovativo, luminoso, futurista, fu una vera esplosione seduttiva che accumulava audience, in Italia e in Francia, dove sarebbe stato trasmesso qualche mese più tardi.
Fra i giovani, ma non solo, esplose una vera Goldrake-mania: il merchandising e le sigle del programma salgono le classifiche di vendita attestandosi ai primi posti.
Il Natale del ‘78 i genitori furono costretti a far carte false per assicurare ai figli giocattoli legati a Goldrake, la domanda superò ogni aspettativa.

goldrake
I ragazzi si immedesimano nel protagonista Actarus (Duke Fleed), le ragazzine se ne innamoravano.

C’era qualcosa di male in tutto questo?
La paura del nuovo e un successo mediatico mai visto prima scatenò le reazioni più diverse, opinionisti, sociologi, pedagoghi e giornalisti, pubblicavano articoli e studi che finivano per collegare Goldrake a tutte le nefandezze d’allora, dalla droga alle Brigate Rosse.
È ormai noto l’intervento parlamentare di un indipendente di sinistra, Silverio Corvisieri, è lui a dar fuoco alle polveri dalle pagine de La Repubblica.
Corvisieri era allora militante dell’estrema sinistra, deputato e membro della Commissione di Vigilanza Rai.
L’articolo, infatti, si intitolava Un ministero per Goldrake, La Repubblica, 7 gennaio 1979.
Corvisieri aveva sfogato la sua frustrazione per essere rimasto inascoltato in Commissione e alla Camera dai suoi colleghi, troppo occupati da altre questioni all’ordine del giorno in quell’inverno di piombo con le Brigate Rosse e la crisi del petrolio, questioni ben più cruciali.

Le questioni sollevate da Corvisieri sono tutt’altro che peregrine, riguardano o dovrebbero riguardare in realtà tutta la tv di stato e quella generalista che stava per apparire sulla scena italiana: “Goldrake deve sempre affrontare qualche nemico spaziale estremamente malvagio […] Si celebra dai teleschermi, con molta efficacia spettacolare, l’orgia della violenza annientatrice, il culto della delega al grande combattente, la religione delle macchine elettroniche, il rifiuto viscerale del ‘diverso’. In quale modo un genitore può fronteggiare con i poveri mezzi delle sue parole la furia di Goldrake?” .
Poteva essere un’esagerazione ma all’epoca mosse l’armata dei censori italiani, nel breve volgere di un anno riuscirono a sollevare un polverone.
Terminata il 6 gennaio 1980 la trasmissione di Goldrake, il 21 dello stesso mese è stata l’ammiraglia Rai Uno a trasmettere un nuovo cartone robotico, si tratta di Mazinga Z prototipo di tutte le serie robotiche e uno degli anime più amati in Giappone.
La proiezione sul Primo canale scatenò le ire di un gruppo di genitori di Imola che nell’aprile 1980, lanciarono una vera e propria crociata.

Ai benpensanti puristi faceva eco la stampa nazionale, principalmente (ma non solo) di sinistra, (ad eccezione di Lotta Continua che titola «Bambini tenete duro che arriva Goldrake contro i genitori babbalei»):
Il Resto del Carlino affermava: “Topolino è una lettura sana ma Goldrake è il Diavolo”; l’Unità del 13 aprile replicava: “Goldrake contro i bambini?” e Oggi getta benzina sula fuoco: “Questo Mazinga robotizza i nostri ragazzi” .
L’apparente suddivisione elementare fra buoni e cattivi fu equivocata per ‘paura del diverso’ e ‘razzismo’, ignorando che in Goldrake, come in tutti i Manga e gli anime giapponesi, c’è una visione adulta, complessa, tormentata, il fumetto eil cartone animato non sono pensati per il bambino ma per un pubblico molto vasto che parte dall’infanzia e arriva all’età adulta.

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Nel 1980 Gianni Rodari, il grande scrittore per bambini ( e non solo ), difese a spada tratta Goldrake: “Bisognerebbe vedere oggettivamente, liberandoci dai nostri pregiudizi personali, che cos’è per un bambino l’esperienza di Goldrake […]
Bisognerebbe chiedersi il perché del loro successo, studiare un sistema di domande da rivolgere ai bambini per sapere le loro opinioni vere, non per suggerire loro delle opinioni, dato che noi spesso facciamo delle inchieste per suggerire ai bambini le nostre risposte […]
Invece di polemizzare con Goldrake, cerchiamo di far parlare i bambini di Goldrake, questa specie di Ercole moderno”.
Lo scrittore aveva colto nel segno e con queste parole taglia la testa al toro, con Rodari si schierarono Oreste del Buono, Nicoletta Artom e pochi altri.
Le parole autorevoli del premio Andersen non impedirono che diverse censure colpissero gli eroi dopo un decennio d’oro: la prima fu imposta dalle associazioni genitori a Rai e Fininvest.
L’altra nel 1990 con la legge Mammì che tra le altre cose vietava la pubblicità nei cartoni animati.
Le serie giapponesi economicamente non convenienti, furono sostituite dai telefilm adolescenziali made in Usa.

Il vento cambiò solo a metà anni ‘90, quando i bambini del 1979, cresciuti e con qualche soldo in tasca, riuscirono lentamente a imporre al mercato di nuovo i propri gusti.
Quello che non ebbero da piccoli lo ottennero da grandi come consumatori, e non è chiaro quale delle due modalità sia migliore; essere fruitori bambini di programmi dai contenuti complessi o adulti consumatori sedotti da marketing vintage e pubblicità aggressive?
Forse più che demistificare sarebbe bastato contestualizzare.
I bambini sono tutt’altro che infantili, è figlio di un vecchio pregiudizio che parte da lontano, dall’illuminismo di Rosseau, il vedere nel bambino un individuo con ‘limitatè capacità da proteggere contro stimoli complessi o troppo emotivi.

É la visione adultocentrica della pedagogia che ha dominato per decenni, ci vorrà il vento di Pippi Calzelunghe e La storia Infinita per sdoganare la visione moralista della letteratura per l’infanzia. In pratica la censura che prima colpiva le opere letterarie per ‘l’infanzia’ ora colpisce i ‘programmi televisivi per l’infanzia’, al censore di professione non scade mai il mandato.

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