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Le bionde negli anni 80

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Nonostante le visite in epoca storica dei Normanni, dei Longobardi e degli Svevi, l’Italia negli anni 80 era tutto sommato poco varia in termini di bellezza.

La prepotenza dei geni mediterranei da una parte e la scarsezza di successi coloniali dall’altra facevano sì che negli anni 80 l’italiana media fosse castana con gli occhi castani, e che il capello biondo rimanesse, in larga parte dello Stivale, sinonimo di bellezza esotica.
Con la notevole eccezione di Raffaella Carrà, infatti, le attrici e cantanti italiane dagli anni del Boom in poi erano in stragrande maggioranza castane, more o al più rosse.

Gli anni 80, però, cambiano le cose.
Dopo i dubbi degli anni 70, l’Italia riscopre il fascino della cultura e dell’estetica anglosassoni, con le quali arriva una vera e propria esplosione di bionde al cinema, nella musica e in tv.

Il buongiorno si vede come sempre dal mattino: il decennio si apre infatti con la carica incontenibile di Heather Parisi – che verrebbe voglia di invocare per giustificare il rilancio del genere, se le proporzioni del fenomeno non fossero talmente vaste che nemmeno la più celebre scoperta del Pippo nazionale basta da sola a spiegarlo.

Perché non c’è solo la Parisi che oscura Bonnie Bianco, ma anche la Cuccarini la cui popolarità travolge, al di là dei meriti, le pur belle Elisabetta Gardini e Alessandra Martines; la Peroni che si accredita come “birra nazionale” con il celebre spot “Chiamami Peroni, sarò la tua bionda”, a suon di bellezze nordiche; e, con mirabile doppiosenso, “la più amata dagli italiani” che non è mai altro che bionda: dal 1984 al 1986 la Carrà, e poi per un milione di anni la Cuccarini.

Ovviamente il cinema, sempre in prevalenza americano, spara un sex symbol biondo dopo l’altro: per chi ama la dolcezza Kelly McGillis (fidanzata di Tom Cruise in Top Gun), per chi sta dalla parte opposta Brigitte Nielsen, e per tutti i maschi senza eccezione Kim Basinger e Sharon Stone.

Le riviste di moda rigurgitano dei sorrisi in costume da bagno di top model in maggioranza bionde, mentre in hit parade si segnalano per la lunghezza di gamba e cortezza di gonna Amanda Lear, Donatella Rettore e Anna Oxa, che dà scandalo presentando a Sanremo i suoi 185 cm avvolti in una seconda pelle rossa degna di un formaggino olandese (e vale la pena ricordare che fino al 1980 la Oxa era mora).

Chiudono il cerchio Cicciolina e Moana Pozzi, che popolano di biondo i sogni erotici di un Paese fin lì abituato al bianco e nero. E proprio il fatto che l’apertura sessuale delle bionde-straniere sia in fondo promossa a simbolo di un’apertura mentale da contrapporre al provincialismo delle more-nostrane non è un caso, ma una profondissima crepa nelle fondamenta culturali che avevano sorretto per tutto il Dopoguerra un Paese che si preparava, dopo trent’anni di crescita e risparmio, a spendere e a divertirsi in tutti i sensi possibili (anche troppo, col senno di poi).

E infatti anche nel decennio successivo le bionde sono rimaste stabilmente preponderanti: i fenomeni più vistosi dello show-biz italiano degli anni Novanta sono stati soubrette bionde come Michelle Hunziker, Alessia Marcuzzi, Ilary Blasi, Valeria Marini; e il prototipo della bellezza di fine millennio, tutta muscoli e trasgressione, è la biondissima Pamela Anderson. Poi le cose finalmente cambiano: arrivano internet, la globalizzazione e l’immigrazione massiccia anche in Italia, e inizia ad imporsi un nuovo modello di bellezza in cui non esiste più lo standard, anzi la varietà è un valore. Bruna, bionda, asiatica o meticcia, tutto ormai fa brodo, in America come in Europa.

Ma gli anni 80 resteranno sempre, per noi italiani, la cerniera fra la bellezza mediterranea e la nuova bellezza globale.
E non so voi, ma io resto affezionato a Kim Basinger e Sharon Stone.

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