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Navigator: la fantascienza ingenua degli anni 80

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Negli anni 80 fantascienza significava astronavi e viaggi spaziali; ma Navigator è fantascientifico ancora oggi se pensiamo che mette in scena la storia di un’astronave aliena che ha bisogno di un bambino terrestre dodicenne per trovare la strada di casa.

Voglio dire: nel 1986 avevo più o meno quell’età, e da solo non trovavo nemmeno la pizzeria più vicina a casa (peraltro anche oggi ci riesco a malapena).

Nato come film indipendente a medio budget, finanziato in parte addirittura con fondi norvegesi, Navigator ebbe la fortuna di venir distribuito dalla Disney Pictures, che con la sua potenza di fuoco ne decretò la fortuna.

In realtà tra la forte concorrenza della fantascienza-per-ragazzi in quegli anni e le oggettivamente mediocri qualità della sua trama, al botteghino fu tutt’altro che un successo; ma quando la rete americana ABC (di proprietà della Disney) iniziò a trasmetterlo in rotazione, la storia di David e del suo amico alieno Max entrò comunque nell’immaginario collettivo.

https://www.youtube.com/watch?v=Cq0SmLnCTxk

Navigator parte con un paio di belle idee che poi in parte spreca. La prima è il tema del viaggio nel tempo, trattato però con qualche fondamento scientifico (non alla “Terminator” o “Ritorno al Futuro”, per intenderci); la seconda è quella dell’amicizia tra un bambino e un’entità aliena persa sulla Terra – decisamente meno originale, visto che c’erano già stati “E.T.” e “Uno sceriffo extraterrestre, poco extra e molto terrestre”

Florida, 1978. Il dodicenne David, inviato dalla madre a recuperare il fratellino a casa dei vicini dall’altra parte di una radura, inciampa e cade in un fosso. Si sveglia qualche tempo dopo e ritorna a casa, scoprendo che è tutto cambiato perché sono passati in realtà otto anni. Nel frattempo, un’astronave aliena si schianta a terra e viene recuperata dalla NASA. I due inspiegabili eventi vengono messi in collegamento quando David proietta involontariamente sui monitor dell’ospedale in cui sta venendo visitato l’immagine mentale dell’astronave.

Non voglio rovinare la sorpresa a chi vorrà andarsi a vedere o rivedere questo film, magari con qualche figlio o nipotino che sicuramente lo apprezzeranno. Navigator si lascia guardare, anche se non affronta o non risolve i numerosi spunti che semina per strada: il paradosso temporale è sensato, perché se ci si muove a velocità prossime a quella della luce il tempo scorre più lentamente; ma il pianeta alieno Phaelon è piazzato a 500 anni luce dalla Terra, per cui non potrebbero passare meno di 1.000 anni per andare e tornare…

Ma anche lasciando perdere la fisica teorica, sono descritti in modo davvero sommario l’incontro tra David e il fratello che nel frattempo è diventato più grande di lui; la accennata storia d’amore con una ragazzina che dopo l’inizio del film scompare per sempre; l’incontro con una ragazza più grande dal passato misterioso, ma che lei pure scompare senza lasciare traccia; i poteri dell’astronave aliena, che può attraversare le galassie ma non riesce a trovare una villetta in Florida; e via dicendo.

E nonostante il regista Randal Kleiser venisse da “Grease” e “Laguna Blu”, anche il tono narrativo è altalenante. Navigator parte alla grande, con una bellissima scena che più americana non si può (una gara di frisbee per cani). Poi però dall’iniziale tono da commedia per ragazzi vira al thriller quando David si perde nel bosco e al ritorno non trova più la sua famiglia, per venire poi praticamente rapito dalla Nasa. Infine si arriva a un tono alla Bud Spencer, con l’astronave che si rivela popolata da un intero zoo di alieni stravaganti e il cervello elettronico dell’astronave che quanto a intelligenza si rivela degno di Daffy Duck.

Ma chiudendo entrambi gli occhi, Navigator non delude. L’amicizia tra David e Max è di quelle che strappano sorrisi e lacrimucce (a chi ha meno di 10 anni), gli effetti speciali dell’epoca sono usati con parsimonia e ancora gradevoli, e la colonna sonora di Alan Silvestri resta impressa. L’unica controindicazione è l’apparizione di una Sarah Jessica Parker ventenne e con i capelli metà biondi e metà viola: ai bambini non farà nessun effetto, ma per chi l’ha amata in “Sex and the City” è un autentico momento horror.

P.S.
Momento da cui non si è salvato nemmeno il protagonista Joey Cramer, lanciatissimo all’epoca di Navigator ma che da allora ha fatto un paio di particine in TV per poi perdersi. Arrestato nel 2016 per rapina a mano armata a una banca (per giunta fallita), oggi fa il commesso da Foot Locker.

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