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Top Gun Maverick: la recensione

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Top Gun Maverick
Chi sceglie di seguire le pagine de Gli Anni 80, di solito rientra in una di queste categorie:

a) Gli anni 80 li ha vissuti, e gli sono piaciuti;
b) Gli anni 80 non li ha vissuti, ma gli piacciono e avrebbe voluto esserci.

In entrambi i casi, Top Gun: Maverick di Joseph Kosinski troverà estimatori, perché di fatto il decennio che non è mai finito è centrale nella narrazione di questo sequel, non solo per i personaggi e la trama, o i props oramai leggenda come i Ray-Ban Aviator Classic sunglasses, ma per come aggiorna certi modelli di riferimento dell’epoca. Di cosa stiamo parlando?

1986. Esce in tutto il mondo Top Gun, regia di Tony Scott (che oggi non c’è più) e produzione di Jerry Bruckheimer (che c’è sempre e ai tempi voleva una storia alla Star Wars ma ambientata sulla Terra).

Nel ruolo di Pete “Maverick” Mitchell un giovane Tom Cruise, che questa pellicola di velocissimi aerei da pilotare, amicizia e coraggio lancia come star internazionale. Formidabile anche la song principale del film (qualcuno ai tempi la utilizzò come canzone per il suo matrimonio, addirittura).

Videoclip: Berlin – Take My Breath Away

2022. Dopo esser rimasto chiuso nei cassetti per quasi due anni causa pandemia, esce con anteprima di presentazione a Cannes e poi nelle sale Top Gun: Maverick. È trascorso del tempo, e il nostro Tom è sempre lo stesso. O forse no? Quando viene richiamato all’azione (il suo carattere ribelle non gli ha fatto fare una gran carriera, diciamocelo) si immagina di nuovo in missione. Non sarà esattamente così.

Sveleremo poco della trama, anche perché vi assicuriamo che questo sequel merita la visione e la merita in sala. La merita per i visual effects d’altissimo livello nelle scene action, naturalmente. Ma anche e soprattutto per la sceneggiatura.

Perché è un film classico che lontano da qualsiasi scelta settaria riesce a trovare il modo di parlare al cuore di tutti, conquistando la necessità dell’esperienza collettiva, per essere apprezzato al meglio: la poltrona di casa la possiamo lasciare a quella serie fatta di episodi troppo diluiti e fuffosi.

Questo è merito senz’altro della scrittura di Christopher McQuarrie (autore anche dei più recenti episodi di Mission: Impossible e del cult I soliti sospetti) che racconta Tom/Maverick come uno di noi. Uno che appartiene al secolo scorso, uno di quelli che le nuove generazioni – a ragione – detestano per colpe più o meno legittime. Eppure, uno che, in maniera clamorosa, riesce ad essere ancora un modello giusto di comportamento, pur con le sue nuove fragilità. A pensarci, non sono molti i film di oggi che vedono protagonisti maschi agée “positivi”.

Il nostro Tom, quasi sessantenne, qui lo è.

Lo è perché Maverick è rimasto coerente con se stesso, perché seppur figlio del rampantismo non ha cercato scorciatoie per far carriera, perché ha trovato un suo equilibrio e convive con i suoi fantasmi.

Ma lo è anche perché – col sorriso di chi è stato scapestrato ma ora non più – si lascia prendere in giro dalle nuove generazioni di piloti (anche donne), che lo guardano con ironia, se non sospetto. O diffidenza, come nel caso di Bradley “Rooster” figlio del suo vecchio compagno di volo Nick Bradshaw “Goose”.

E allora, cos’è che incarna Maverick? Cosa lo rende allo stesso tempo moderno e antico? Questo: la sua forza, il messaggio che lascia alle nuove generazioni è quanto mai attuale, e gentile. Forse siamo stati egoisti, vi abbiamo lasciato un bel pianeta rovinato e altre nefandezze.

Però, forse, possiamo essere ancora utili per invertire la rotta. Lo so, sembrerebbe una missione impossibile, ma fidati: ce la puoi fare. E io ti aiuterò.
Questa consapevolezza, questo slancio verso il futuro, allora, diventa più potente di qualsiasi prevedibile e scivolosa malinconia.

Maverick simbolizza quel che di buono c’è in chi è stato giovane negli 80s. Edonismo, individualismo e anche quel maschilismo un po’ sbruffone hanno concimato in maniera imprevedibile una diversa comprensione del mondo e di chi lo abita.

Hanno lasciato il posto a una dignità che non si misura con i successi sociali o col denaro, ma con la capacità (e il lusso, a volte) di poter essere sempre se stessi.

Tanti i momenti clou (uno per tutti, la toccante scena con Iceman/ Val Kilmer) e ancora una volta colonna sonora sopraffina: si passa dal Jerry Lee Lewis di Great Balls of Fire a Let’s dance di David Bowie, con lo score del sempre solidissimo Hans Zimmer (che, ricordiamolo, si fece le ossa in Italia proprio negli 80s con Krisma e Baglioni). La song dei titoli questa volta è affidata a Lady Gaga:

Videoclip Lady Gaga – Hold My Hand (From “Top Gun: Maverick”)

Promettimi solo che terrai la mia mano, canta Lady Germanotta.
Ed è proprio questo, ciò che ti chiede Tom/Maverick.
Solo questo.

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