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…Ahi ahi ahi se faccio un figlio

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… Ahi ahi ahi se faccio un figlio, ahi ahi ahi lo chiamo Emilio, sempre meglio di Basilio, se è una femmina non so!.

Alzi la mano chi non ricorda il refrain di una delle sigle televisive più iconiche (e no sense) di sempre. Tutti, infatti, ci saremo ritrovati a canticchiarla almeno una volta. Anche inconsciamente.

Sigla iconica di una trasmissione altrettanto iconica.

Già, perché “Emilio” ha rappresentato una sorta di appendice di “Drive In”. Un’appendice ancor più surreale, se vogliamo, ma con lo stesso tasso di (grande) comicità.

Dal 1 gennaio 1989 al 29 aprile 1990, infatti, la sgangherata “redazione” del videogiornale (fittizio) più strambo di fine 80s, ha allietato, a suon di risate, la domenica sera degli italiani.

Redazione che comprendeva un cast che oggi definiremmo stellare. Da Teo Teocoli a Gene Gnocchi, da Silvio Orlando ad Athina Cenci, passando per Giorgio Faletti e Carlo Pistarino.

Una menzione a parte, invece, la meritano quei due geni (sempre troppo sottovalutati) di Zuzzurro e Gaspare. Il duo comico composto da Nino Formicola ed Andrea Brambilla, oltre ad essere parte integrante del cast, figurava pure fra gli autori. È impossibile dimenticarsi del famosissimo commissario interpretato da Zuzzurro (Brambilla), così com’è d’obbligo sottolineare che ancora oggi, a distanza di anni, il pubblico associ “Emilio” proprio ai due artisti conosciutisi al “Derby” negli Anni Settanta.

Enrico Beruschi, altro “reduce” di “Drive In”, partecipò al programma solo per la prima stagione. Ezio Greggio e Gianfranco D’Angelo, invece, se ne chiamarono fuori, poiché impegnati con “Odiens”, altro varietà dell’epoca trasmesso da Canale 5. Il successo di “Emilio” fu così dirompente che nel 1990 ne fu realizzata un’edizione speciale intitolata “Emilio ‘90”, in vista del mondiale di Calcio che si disputò nel nostro Paese, come striscia giornaliera in orario preserale.

Proprio come “Drive In”, nella sua semplicità, “Emilio” rappresentava vizi e virtù degli italiani. Non uno specchio fedele, ma un sunto di quelle che erano le caratteristiche di chi abitava nel belpaese durante quel periodo.

Sociologi, critici letterari, stilisti, ballerini (pensate all’interpretazione di Teo Tecoli del personaggio “Macho Camicho”), reporter di guerra, nessuno veniva risparmiato dagli sketch a presa rapida che venivano realizzati, di volta in volta, dai vari artisti che popolavano lo Studio 10 di Cologno Monzese. “Emilio”, probabilmente, è stato l’ultimo giro spensierato nella giostra pop degli Anni Ottanta.

E a noi non resta che celebrarne l’epica che lo ha portato a diventare un programma cult. Oltre che a canticchiarne la sigla, naturalmente.

– Ahi ahi ahi…-

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