L’adolescenza ricca e dannata di Meno di zero, il fascino per l’insensibilità de Le regole dell’attrazione, un serial killer come in American Psycho, statuarie e feroci bellezze che non avrebbero sfigurato in Glamorama, le tecniche dell’autofiction collaudate diversi anni fa in Lunar Park. Nell’ultimo e fluviale romanzo di Bret Easton Ellis, Le Schegge, convergono tutti i temi, le ossessioni e gli stilemi dell’autore americano.
La trama: in un esclusivo liceo californiano la quiete del piccolo gruppo di amici di cui fa parte il protagonista e narratore, lo stesso Ellis, viene sconvolta dall’arrivo di un nuovo e misterioso studente. Sono in molti a subirne il fascino, ma il giovane Bret pensa che il serial killer che sta terrorizzando la Los Angeles dei primi anni Ottanta sia proprio l’inquietante compagno di scuola da poco dimesso da una clinica psichiatrica.
La vicenda è scandita da una serie di citazioni da canzoni del decennio, a sottolineare l’importanza della musica pop nella prima giovinezza. Molto più di una mera colonna sonora, tant’è vero che, a proposito di una hit come Vienna, l’autore sottolinea che:
Quel brano era troppo lento, troppo lungo, eppure ci commuoveva, e come le migliori canzoni pop era un’astrazione, poesia che per ciascuno poteva assumere un significato diverso (…). Quella canzone degli Ultravox sembrava contenere trasversalmente ogni cosa, e in quel momento ci definiva indipendentemente da ciò che il testo o il video significassero davvero.