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Leaving Neverland: il documentario che distrugge Michael Jackson

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Leaving Neverland
coumLeaving Neverland è il discusso documentario dedicato a Michael Jackson diretto dal regista Dan Reed, trasmesso in America su HBO e in Italia su Canale 9.

Negli ultimi mesi il documentario ha gettato nuove ombre sulla figura di Michael Jackson riguardo, diciamo, al tipo di amore del cantante nei confronti di minorenni.

Protagonisti di Leaving Neverland sono Wade Robson e James Safechuck, che da bambini furono per anni in contatto con Michael Jackson, e che più tardi accusarono di aver subito da Jackson costanti molestie sessuali per anni.

La prima parte del documentario ripercorre attraverso le memorie dei protagonisti e delle loro famiglie la storia di Robson e Safechuck, l’incontro con Michael Jackson e la disturbante complessità del rapporto tra un adulto, soprattutto un adulto particolare come Michael, e i due bambini.

La seconda parte parla invece delle conseguenze di quelle esperienze, descrivendo i traumi subiti da Safechuck e Robson, fino ai processi che hanno visto Michael Jackson accusato di pedofilia e successivamente assolto (in uno dei due casi tramite un accordo economico e nell’altro grazie a due testimonianze, una delle quali era proprio quella di Wade Robson), fino a spiegare il motivo per il quale i due hanno taciuto per anni riguardo i presunti abusi.

Estremamente lungo e articolato, il documentario ha un suo fascino ma anche un evidente limite, che è quello di raccontare la storia da un solo punto di vista, con una sola verità, senza coinvolgere o dar modo alla famiglia Jackson di difendersi o di raccontare le proprie verità.

Leaving Neverland punta il dito sul potere delle star degli anni 80 e 90, che consentiva loro di soggiogare i media, e sulla difficoltà di giudicare reati delicati come quelli di pedofilia o abusi sessuali, specie quando l’accusato è una persona non solo celebre, ma a sua volta tormentata come Michael.

In Leaving Neverland si apprezza comunque la descrizione di Jacko come essere umano prima che come artista; il film fa anche riflettere sugli effetti perniciosi del venerare le star come se fossero divinità – perniciosi anche per le star stesse.

1 commento

  1. Chi ha visto questo “documentario” non può non aver notato molte contraddizioni e incongruenze nelle testimonianze delle due “vittime”, eccone elencate alcune:

    Nel film, la mamma di James Safechuck (uno degli accusatori nel doc) sostiene che “ballò di gioia” quando Michael Jackson morì nel 2009 perchè “non avrebbe mai più fatto del male a nessun bambino”, anche se suo figlio rivelò gli abusi solo nel 2013 quando, dopo aver sentito Robson intervistato al “Today Show”, si “ricordò” improvvisamente di essere stato violentato anche lui. Per caso la donna aveva doti di preveggenza che noi non conosciamo?
    Safechuck ha detto di aver trascorso il giorno del Ringraziamento nel 1987 (che quell’anno cadeva il 26 novembre) con lui a casa sua, quando Jackson era in realtà in Australia, a Brisbane, per il tour di Bad, come può verificare chiunque su Google.
    Nel film l’uomo sostiene che gli abusi si siano intensificati dopo la performance di MJ ai Grammy’s nel 1989 a New York: peccato che Jackson non abbia mai partecipato a quell’edizione, che si svolgeva a Los Angeles e non a New York.
    Robson ha detto di essere stato a Neverland “centinaia di volte” ma, quando fu interrogato al processo, dichiarò sotto giuramento di esserci stato 14 volte, di cui solo 4 quando era presente MJ.
    Safechuck afferma in Leaving Neverland che Jackson lo aveva chiamato a quasi alla fine del processo per chiedergli di testimoniare a suo favore. Il processo è terminato il 13 giugno 2005.
    Il 28 marzo 2005 il giudice decise che nessun testimone o prova collegati a Safechuck sarebbero stati ammessi in quanto “non-entity”, cioè assolutamente irrilevante. Le trascrizioni del processo 2005 sono reperibili online.
    Perchè MJ avrebbe dovuto chiedere a Safechuck di testimoniare “quasi alla fine del processo”, sapendo che lui non poteva farlo dopo la decisione del giudice?
    Robson sostiene di aver realizzato di essere stato “molestato” da Jackson nel maggio del 2012, dopo essere stato in analisi, ma in un video girato a dicembre dello stesso 2012, Pulse Dance Workshop – Wade Robson- Chris Judd (il nome del video), afferma che è stato influenzato positivamente da lui e lo elogia in ogni modo. Un comportamento davvero strano, da parte di chi ha appena scoperto di essere stato violentato per sette anni.
    Safechuck dichiara di essere stato abusato più volte dal 1988 al 1992 (un periodo in cui Jackson aveva pubblicato due album, due libri e intrapreso due tour mondiali) in una stazione ferroviaria a Neverland. In realtà i permessi per la costruzione della stazione furono concessi solo il 2 settembre 1993 e i lavori terminarono agli inizi del 1994. Quindi, fino al 1994 non c’era alcuna stazione ferroviaria a Neverland.
    Una delle “prove” più importanti di Leaving Neverland è la registrazione della conversazione avvenuta in aereo mentre Jackson e Safechuck stavano andando alle Hawaii. In questa registrazione sentiamo il piccolo James chiedere: “Qual è la cosa migliore di andare alle Hawaii?” e Jackson rispondere “Stare con te”. Taglio del regista.
    Peccato che quella conversazione sia stata allegata agli atti del processo del 2013, da cui emerge la risposta intera del cantante. “Stare con te E CON LA TUA FAMIGLIA: non vedo l’ora di passare più tempo con LORO”.
    Una risposta che contraddice clamorosamente la tesi che Safechuck ripete più volte nel corso delle quattro ore: il tentativo di Jackson di allontanarlo dai suoi genitori, peraltro smentito da numerose foto di MJ con la famiglia Safechuck e Robson al completo.
    Robson racconta che, prima della sua testimonianza nel processo del 2005, partecipò a una cena con Jackson e i suoi figli. Dopo aver visto Paris e i suoi fratelli, il coreografo decise che “[per il loro bene] non avrebbe potuto mandare Jackson in galera”. Eppure quella cena si svolse dopo, e non prima della sua testimonianza, come confermato dal nipote Taj Jackson.
    Un’altra “prova” del documentario è l’innocente video di auguri mandato da Jackson a Robson per il suo compleanno. Il video fu girato il 20 febbraio 1990, quando il cantante venne premiato dalla CBS come “artista del decennio”. Il compleanno del coreografo, però, cade il 17 settembre, cioè 7 mesi dopo.
    Quel video, in realtà, veniva inviato a numerosi bambini che frequentavano Neverland in occasione dei loro compleanni, come ha confermato anche la sua truccatrice Karen Faye, cambiando solo la prima parte, quella del saluto, dopo la quale si nota un evidente stacco della regia. Un filmato che non aveva, quindi, nulla di esclusivo né di compromettente.
    Poi la storia di Wade Robson in Leaving Neverland è in totale contraddizione con una deposizione giurata rilasciata da sua madre Joy Robson nel 1993, durante il caso Chandler (la prima famiglia che denunciò MJ di molestie nel 93’). Nel documentario Robson afferma di essere stato abusato per la prima volta nel gennaio del 1990, quando la sua famiglia partì per il Grand Canyon lasciandolo da solo con Jackson. Eppure, nella sua deposizione giurata, Joy Robson non solo dichiarò che a quel viaggio nel Grand Canyon prese parte pure il figlio Wade, ma che quest’ultimo non fosse MAI rimasto da solo con Jackson prima del 1993. Parole confermate dallo stesso Wade Robson nella sua testimonianza del 2005, durante la quale affermò di essere rimasto per la prima volta a Neverland senza sua madre ‘nel 1992 o 1993’, e comunque sempre in compagnia dei coetanei Macaulay Culkin e Brett Barnes.
    Stendiamo un velo pietoso, infine, sull’anello d’oro e diamanti che MJ avrebbe regalato a Safechuck come “pegno” del suo amore: l’anello non ha alcuna sigla o iscrizione riconducibile al cantante, non viene fornita una data precisa della transazione, non c’è uno scontrino, manca il nome del negozio dove è stato acquistato.

    Se dopo tutto questo credete ancora a questo “documentario”, allora crederete anche all’esistenza di Babbo Natale e della terra Piatta (c’è pure un documentario si questo).

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