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Don Pablo. Una storia colombiana – Parte III – Andate in pace

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Una storia colombiana

Anche le nubi sembrano interessate alla nostra chiacchierata.
Tanto che non se ne vogliono andare, nonostante il forte vento. E José, abituato com’è ad incantare turisti e clienti della sua frutteria formato Ape Piaggio, sempre stracolmo di frutta, sa come tenere viva l´attenzione del suo pubblico. Pagante e non.

Mi chiede se fumo. Gli rispondo di no e con la sua risata sgangherata mi domanda: “per caso vuoi morire sano, muchacho?“

Mi strappa un sorriso e mi dà il coraggio di fargli qualche altra domanda.

José è la guida turistica perfetta per un viaggiatore del tempo…
“cosa avevano di speciale gli ottanta?“ domando a José, sapendo benissimo che avrei potuto fare a me stesso la stessa domanda. “intendo dire.. con me sfondi una porta aperta. Sono un irriducibile innamorato della decade degli Ottanta. Ma in Colombia. Cosa avevano di così speciale?“

“non avevamo niente, ma avevamo tutto“.

Ok. Questa ammetto di non averla capita bene. Sarà la febbriciattola che annebbia i riflessi.
La mia aria interrogativa non sfugge a José che prosegue.

“si viveva bene, in Colombia. Si è sempre vissuto bene. È un paese benedetto da Dio. Abbiamo le montagne, da noi inizia la cordigliera delle Ande che è la spina dorsale di questo continente. Abbiamo due oceani, e perfino un pezzo di foresta amazzonica.
Però per un ragazzo come me che aveva tra le dita più sogni che soldi, non era abbastanza. Volevamo… volevo… tutto. Né più né meno!

“a qualunque costo? “

“ti sembro una persona senza scrupoli? Io ho sempre dato a tutti la possibilità di scegliere. Io ho sempre creduto nel libero arbitrio “.

“José… in che senso la libertà di scelta? “

A tutti, sempre, facevo la stessa domanda “¿plata o plomo?“
Facile, no? Le buone maniere o le cattive. Soldi o piombo? A tutti abbiamo… ho… sempre dato la possibilità di tornare a casa tranquilli a riabbracciare moglie e figli avendo in tasca quattro spicci in piú, magari per comprare un pallone al figlio. Lo so bene cosa significa per un appassionato del calcio, come me, ricevere in dono una palla da calciare oppure la camiseta del tuo giocatore preferito.
Il mio per esempio era René Higuita! Il portiere più spettacolare del gran circo che è il calcio “.

Di nuovo un sorriso riempie di rughe lo zigomo ed il contorno degli occhi di José. è proprio vero quel che dicono… il calcio è l’unico esempio di democrazia compiuta! Dagli 8 agli 88 anni di età, diventiamo tutti uguali! Tutti sognatori di fronte a quei 22 giovanotti che corrono in mutande!!

“Don José … non mi hai raccontato cosa succedeva a quelli che sceglievano il piombo anziché la plata“

“ti piace il cinema, muchacho? “ mi chiede, guardando i dritto negli occhi.

“beh si.. insomma non sono un esperto… ma direi certamente di si.“ rispondo con il solito leggerissimo brivido lungo la schiena. Sará lo sguardo di José o la febbriciattola… difficile da dirsi.

“se sceglievano plomo… si scatenava l´inferno! “

“il gladiatore!“

“bravo… El Gladiador!… anche io ero come El Gladiador. Scatenavo l’inferno ma amavo la famiglia. Ho sempre lottato per proteggerla“.
“e noi, senza la famiglia, non siamo nulla. Come italiano dovresti saperlo bene! “

E qui il buon José sembra alludere ad un altro tipo di “famiglia“! Ma sicuramente Don José sta scherzando…
Mi immagino che non ci sia nulla di meglio di un turista da prendere in giro per combattere la noia di un pomeriggio di pioggia.

Ed allora sto al gioco…

“interessante esercizio morale. Ammetterai però suona più come una minaccia che una scelta di libertà. Nel senso che se la persona che sta di fronte a te, sceglie plomo, cioè il piombo dei proiettili, rischia di perdere la vita. Ed un uomo non dovrebbe togliere la vita ad un altro uomo. Questo spetta a Dio. “

Josè tira fuori dalla tasca la sua grappaccia artigianale e ne tracanna un bel sorso.

“parli bene… dovresti fare il politico o il filosofo… o il prete !!“ mi sfotte José.
“sai cosa hanno in comune questi tre?“

“mi arrendo… non so“ dico senza realmente pensarci troppo.

“vivono di parole“ sentenzia José.

“beh.. la politica è anche impegno, è cercare di cambiare le cose“…

“lo so. Ed io ci ho provato. Ci ho provato davvero a cambiare le cose“. Di nuovo lo sguardo di José supera le nuvole del cielo, del tempo e dello spazio.

“ci ho provato per la mia gente, per lo sport, per il mio paese. Togliendo ai ricchi per dare ai poveri. Per mettere fine alla miseria“.

“Robin Hood?“

“Robin Hood, amigo. Nel 1983 un giornale mi descrisse proprio cosí. Io in realtá non mi sono mai sentito Robin Hood, però il paragone mi piacque“.

“- mi – ? “… preferisco dare la colpa alla febbre. Probabilmente oltre le difese immunologiche sto anche perdendo l´udito e le mie nozioni basiche di spagnolo. Probabilmente sto fraintendendo… eppure quel “mi“… mi ronza nella testa…

“ho lottato per la mia gente. Per la gente di Antochia, Medellin. E per questo la gente mi ha votato. Perché credevano che io avrei potuto cambiare le cose. Ma la politica in questo paese si preoccupa solo della forma e non della sostanza… pensa che per un’assurda regola o protocollo del Parlamento Colombiano, i deputati devono presentarsi in giacca e cravatta. Beh… io il giorno della inaugurazione del parlamento, come neoeletto, mi sono presentato senza cravatta. La mia gente non ha cravatte… come potevo rappresentarli con al collo un pezzo di stoffa che loro non avrebbero mai …mai! potuto comprare o indossare nel corso della loro vita? “

“quindi cosa successe? Ti cacciarono dal Parlamento? “

“Una delle guardie in servizio al Parlamento mi prestò la sua cravatta. Capisci? Un uomo del popolo non permise che ad un altro uomo del popolo venisse negato l´accesso!“

“lo avrai ringraziato per quel gesto…“

“si. Lo ringraziai e gli diedi 300,000 pesos“.

“che al cambio di oggi fanno…?“

“7,000 dollari gringos… peso piú .. peso meno“.

“7,000 dollari ben spesi direi!! Hai potuto quindi aiutare ´la tua gente´?“

“non me lo permisero. Anzi, iniziarono ad accusarmi di tutte le infamità possibili. Una campagna di odio contro di me .. la iniziò un burocrate del Ministero di Giustizia… ed allora pensai che l´unico per poter fare per davvero qualcosa per il mio paese e la mia gente, era quella di diventare il Presidente e cambiare davvero le cose“.

“Il Presidente… un ruolo importante. Quello di erede di Simón Bolivar!“

“si. L´uomo che come me, amò la Colombia sopra tutto e tutti. Ma i tempi erano cambiati; non erano più quelli della Rivoluzione di Bolivar. E così non mi lasciarono neppure provare a cambiare le cose. Avevo contro di me mezzo mondo… abbandonai per sempre il sogno di aiutare il mio Paese…“

“sei mai riuscito a parlare con quel burocrate del Ministero di Giustizia?“

“no. Perché el tonto aveva scelto: plomo.“

Era caduta la maschera! Avevo la prova provata che l’omino della frutta non si chiamava davvero José!
Raccolsi tutte le mie forze e nonostante la febbriciattola mi alzai per dirgli che avevo capito chi fosse! E che avrei raccontato al mondo che il 2 dicembre 1993 le cose non erano andate come ci avevano raccontato o come avevano voluto farci credere! Che El Patrón del Mal era vivo e lottava con noi!

Il portone della Chiesetta, a lato del quale io e José/Pablo eravamo rannicchiati per proteggerci dalla pioggia – si spalancò e mi colpì in piena fronte ed io caddi come un sacco di patate.

L´ultimo ricordo, prima che si spegnesse la luce, fu quello dell´altoparlante della Cappella di Nostra Signora del Topo e del Padre che stava terminando la benedizione dei fedeli: “la Messa è finita, andate in Pace“.

Dopo un blackout di, credo, qualche minuto, sentii i buffetti di un buon samaritano che cercava di rianimarmi.
“¿que te pasó? ¿Estás bién?“

“Si .. si tutto bene.. ma José.. Pablo… dove.. “

Venni inondato dalle sonore risate del capannello di fedeli che si era stretto intorno a me ed al buon samaritano.

“te gustó la Pitahaya amarilla, verdad?“ disse una signora con velo in testa e rosario in mano.

E giú altre risa.

Mi sollevarono… in fondo alla piazza scorsi un Ape Piaggio mezzo sgangherato che si stava allontanando ed io con la mia mezza Pitahaya in mano pensai che probabilmente in Italia avrebbero ne vietato la vendita!!!!

“minchia… mica male questa Pitahaya“, dissi ad alta voce mentre cercavo sulla mappa interattiva del mio cellulare la strada per tornare in hotel!

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