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Milli Vanilli: veramente falsi

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Gli anni 80 sono stata la decade dei figuranti.

L’ascesa e il declino del duo pop Milli Vanilli sono al centro del documentario disponibile su Paramount+.

La pellicola, dal titolo Milli Vanilli, racconta la storia di Robert “Rob” Pilatus e Fabrice “Fab” Morvan, la cui fama fu interrotta a causa della scoperta che loro erano solo figuranti e che si esibivano in playback.

Il burattinaio era di fatto il produttore discografico Frank Farian, non nuovo di queste operazioni, vi basti pensare ai Boney M dove era addirittura lui a dare la voce al cantante della band anni 70/80.

Il documentario si muove attraverso l’intervista con Pilatus in una clinica di riabilitazione (registrata due mesi prima della sua morte, avvenuta ad aprile 1998), filmati d’archivio  e interviste con i dirigenti dell’industria musicale coinvolti nella truffa.

Il primo album del 1989 All or Nothing è diventato sei volte disco di platino, e il loro singolo Girl You Know It’s True ha venduto più di 30 milioni di copie. Nel 1990 hanno vinto il Grammy come migliori artisti esordienti. Ma la loro carriera si è interrotta,

Milli Vanilli, la verità di Fab Morvan
«Volevo mostrare cosa è veramente successo a Rob e il viaggio genuino che abbiamo intrapreso. – continua Morvan – Solo così la gente poteva capire perfettamente che niente fosse premeditato da parte nostra. È sempre sembrato che avessimo pianificato tutto, ma la gente ha visto i titoli di giornale senza conoscere la storia. Per anni ho cercato di andare oltre la superficie, perché sapevo che a un certo punto qualcuno con della qualità si sarebbe unito alla mia causa per raccontare insieme questa vicenda. In questo documentario, hanno permesso a tutti di parlare. Non ci sono stati tagli, ognuno ha detto la sua versione. E se guardi la storia così, capisci che c’entrava l’etichetta discografica, il produttore e che hanno organizzato tutto alla perfezione. E anche che questi due giovani ragazzi, che non sapevano nulla dell’industria discografica, sono caduti in trappola».

«Alla fine credo che questa storia possa essere di ispirazione. – commenta Morvan – L’ho imparato e ci sto ancora lavorando. Ci si può legare a una storia come questa. Una storia che a un certo punto può diventare negativa, ma che ora è positiva. Le persone così imparano che puoi cadere, rialzarti e reinventarti. C’è vita dopo un trauma. E dipende tutto da quanti sacrifici hai voglia di fare». Fab Morvan ha in fondo vissuto «una vita alla volta, e la felicità è sempre stata una priorità». «Penso che nel documentario si capisca che non sono migliore, ho solo perdonato le persone che mi hanno fatto del male. – ci confessa – Ma ho dovuto anche perdonare me stesso, perché sono stato io a infilarmi in quella situazione. Ho abbracciato la bugia. Ero giovane, ho sbagliato ma non ero consapevole delle conseguenze».

Farian ha dichiarato «Il sistema c’è sempre stato, c’era anche all’epoca e gli artisti che ci sono finiti dentro sono stati usati. Noi non abbiamo avuto alcun tipo di protezione. Siamo stati buttati via. Hanno tolto i dischi dalle pareti e, con i soldi guadagnati grazie a Rob & Fab, hanno investito in altre etichette. Quindi il sistema continua, a finire sono solo le persone. Noi da offrire avevamo solo la nostra gioventù. Frank Farian aveva un piano e noi ci siamo cascati. ».

Oggi Fab Morvan si è rifatto una vita, ha quattro figli e la musica è ancora centrale nella sua vita: «La musica è mia madre, mio padre, mia amica, una confidente. – rivela – Se sono ancora qui è proprio grazie alla musica. Parte del documentario è proprio sulla mia storia d’amore con la musica. È una storia d’amicizia tra Rob & Fab, una storia su come ci si reinventa e sul fatto che c’è luce alla fine del tunnel. Ora ho la mia famiglia, ho quattro figli e la vita mi rende felice. Non puoi sopravvivere altrimenti, ma dipende da te. Nessun altro, solo tu puoi farlo. Rob non ce l’ha fatta. Ho fatto di tutto per salvarlo, ma alla fine devi farcela da solo».

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