I Rolling Stones sono una delle band più grandi di sempre e Mick Jagger, il loro leader, è una delle icone più grandi e riconoscibili del panorama musicale mondiale.
Sembra quasi superfluo doverlo sottolineare, ma è sempre bene ricordare quelle che sono le pietre miliari della cultura pop passata e contemporanea.
Qualche settimana fa il buon Mick ha compiuto ottant’anni. Già, ottanta. Il numero più amato da chi frequenta questo sito. Ma anche e soprattutto il numero del decennio più complicato per le pietre rotolanti.
Sì, perché se negli Anni Sessanta si erano affacciati con prepotenza al mainstream e negli Anni Settanta avevano dettato legge adattandosi (perfettamente) alle mode del momento, negli 80s gli Stones smarriscono un po’ la bussola.
Non solo. Sono divisi a metà tra l’anima blues ed ultraconservatrice di Keith Richards e quella più moderna ed al passo coi tempi di Jagger. Insomma, il solito caos organizzato di matrice stoniana, nulla di nuovo all’orizzonte. Eppure “Start Me Up” aveva fatto cominciare gli Eighties dei Rolling Stones come meglio non si poteva.
Il brano, contenuto in “Tattoo You” del 1981, aveva letteralmente spaccato le classifiche musicali di mezzo mondo, risultando, ancora oggi, come uno dei pezzi più amati dai fan della band inglese. Memorabile il riff(one) di chitarra di Richards, nonché la batteria – mai fuori posto – del compianto Charlie Watts.
I problemi veri e propri iniziano ad emergere nel 1983, durante la lavorazione del disco “Undercover”. Mick Jagger e Keith Richards, infatti, quasi non si sopportano. Il primo vorrebbe che gli Stones fossero ancor di più al passo coi tempi, sposando definitivamente le sonorità del periodo. Il vecchio Keith, invece, vorrebbe restare ancorato alle solite certezze.
Alla fine ne esce fuori un ibrido, “Undercover” per l’appunto, che comprende alcuni dei testi tra i più macabri e ambigui mai scritti dalla penna di Jagger.
Il vero punto di non ritorno, però, lo si raggiunge con “Dirty Work” del 1986. Uno degli album meno apprezzati di sempre, sia da parte degli ammiratori degli Stones che dal pubblico in generale. Ad ogni modo, secondo il parere di chi scrive, “Harlem Shuffle”, uno dei singoli del disco in questione, resta indiscutibilmente un pezzone. Senza se e senza ma. Nel mezzo vi erano stati pure l’esordio solista di Mick, “She’s The Boss” ed il featuring di quest’ultimo con David Bowie in “Dancing In The Street”.
Il vero guizzo degli Anni Ottanta dei Rolling Stones è senza ombra di dubbio, “Steel Wheels”. Anno di grazia, 1989.
La fenice, con tanto di linguaccia, risorge dalle sue ceneri e consegna al pop-rock mondiale un album fra i più compatti dell’intera discografia degli Stones. Ascoltare per credere. “Mixed Emotions”, “Sad Sad Sad”, “Almost Hear You Sigh”, sono solo alcune delle gemme preziose contenute nel disco. In “Steel Wheels” tutto gira alla perfezione. Dai suoni patinati (ma mai banali) della produzione, alla voce di Mick Jagger, più in forma che mai. Charlie Watts si traveste da metronomo e detta il ritmo.
Keith Richards graffia con la chitarra e con la sua voce in “Can’t Be Seen” ed in “Slipping Away”. Ronnie Wood e Bill Wyman si limitano a ciò che sanno fare meglio: giocare al servizio della squadra.
E i Rolling Stones di fine Anni Ottanta sono uno squadrone. Di nuovo.
Top Ten Anni Ottanta Degli Stones (consigliata dall’autore):
- Dance (pt.1)
- Emotional Rescue
- Start Me Up
- She Was Hot
- Too Much Blood
- Harlem Shuffle
- Sad Sa Sad
- Mixed Emotions
- Almost Hear You Sigh
- Slave