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Intervista a Claudio Cecchetto

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Claudio Cecchetto
Ho avuto il piacere di intervistare Claudio Cecchetto, pioniere della musica in Italia, Deejay, Talent Scout e molto altro.

Ti diamo le chiavi della macchina del tempo, puoi tornare negli anni Ottanta, in quale anno vai e cosa fai per prima cosa?
“Io andrei subito all’inizio degli anni Ottanta visto che ho presentato il Festival di Sanremo, e grazie alla presentazione del Festival sono riuscito a realizzare il sogno di aprire la mia radio: Radio Deejay. Quindi, per me il primo periodo ’80 è stato il massimo. Anche quello che è seguito non è andato male, visto che Radio Deejay è poi diventata con me quella che tutti conoscono.”

La cosa che amavi di più degli anni 80 e quella alla quale avresti fatto a meno.
“Sicuramente negli anni Ottanta c’era questo pensiero comune che tutti potevano riuscire a realizzare i propri sogni. Questa era la grossa caratteristica degli anni Ottanta, che tutto era possibile. Era sicuramente un periodo dove ognuno pensava che poteva realizzare i propri sogni.  Poi negli anni Ottanta abbiamo vinto i Mondiali, quindi, è chiaro che da sportivo mi ha fatto piacere. Quello che toglierei sono i fatti tragici. Mi colpì molto la bomba alla stazione di Bologna. Ecco, diciamo, è stato anche un periodo un pochettino buio, ma per fortuna ci sono state tante cose positive, tant’è vero che adesso noi ricordiamo con grande affetto gli anni Ottanta.”

Sei stato deejay, produttore, conduttore e mille altre cose (di successo). In quale veste ti senti più a tuo agio?
“Io mi sento più a mio agio sicuramente a fare il DJ, anche perché tutte le altre attività nascono proprio da questa mia passione. Quindi sono diventato talent scout anche perché sono stato e penso di essere ancora un DJ. Il DJ è colui che tra i tantissimi dischi che escono deve scegliere i migliori e il talent scout praticamente quello fa: tra i tanti personaggi che vorrebbero affacciarsi al mondo dello spettacolo deve identificare i migliori, quelli più forti, quelli che lo meritano.”

C’è stato un artista per il quale, con il senno di poi, hai detto “questo avrei voluto produrlo io!”
“Io faccio il talent scout: mi piace ma non è una fobia per me. Per me è un divertimento. Quando vedo qualcuno che merita di avere successo e non ce l’ha, ce la metto tutta per realizzare il suo sogno, per farlo conoscere. Mi sembra di fare anche un servizio pubblico perché, se faccio conoscere un talento che piace a tanti, chiaramente è servizio pubblico.  Quando vedo un talentuoso che non ho scoperto io, me lo godo, come se lo godono tutti gli altri. Non ho invidie, non ho pensieri come “ah mi piacerebbe”, mai successo. Anzi, menomale che non sono solo io a scoprire i talenti.

Oggi che consiglio daresti a un giovane che vuole emergere nel mondo della musica?
“Prima di tutto, il consiglio che do sempre ai giovani che vogliono fare musica è quello di divertirsi, perché divertendoti passi il tempo e non vivi nel terrore che non possa succedere qualcosa di importante per te.  Invece la musica va vissuta. La musica viene fatta sì per gli altri, da condividere con gli altri, ma innanzitutto viene fatta per sé stessi, perché ti piace. Io dico sempre: se sei intonato sei fortunato, ma non è che sei un cantante. Poi dopo, se vedi che quello che fai piace a più persone, allora puoi anche pensare di farlo per professione, però, innanzitutto, il consiglio è: divertiti.”

Cosa ne pensi della musica digitale?
“La musica digitale è un grande traguardo della musica. È chiaro che per il momento si è persa un po’ in qualità, però, io penso che ci siano parecchi strumenti che man mano si evolvono e che stanno rendendo la musica digitale allo stesso livello, se non superiore, di quella analogica. Quindi, viva la musica digitale! Anche solo i supporti della musica digitale sono realmente più vantaggiosi, perché una volta andavo a fare il disc jockey con la cassa di dischi piena di LP. Come pesava! Adesso con la chiavetta ci stanno molti più brani e quindi posso avere a disposizione tutto il mio archivio musicale, mentre prima con il vinile dovevo scegliere quali portare per fare gli spettacoli.”

La tua ultima creatura è “Radio Cecchetto”. Quali sono le sfide della radio per il futuro?
“La radio è come la televisione: una grande invenzione. Chiaramente sono cambiati i sistemi di radiodiffusione. Bisogna approfittare di queste evoluzioni tecniche per offrire un prodotto che prima non si dava. Per esempio: una volta i disc jockey dovevano venire a trasmettere in sede. Adesso, e lo sto facendo con Radio Cecchetto, puoi trasmettere da qualsiasi parte del mondo perché grazie a internet, grazie a tutti i cablaggi e grazie proprio alla tecnica e al digitale puoi mantenere la qualità da qualsiasi posto tu voglia trasmettere. Grazie a queste evoluzioni tecniche la sfida della radio è cercare di dare un prodotto diverso. Bisogna tener conto di quello che succede negli altri media, sto parlando di internet per esempio. La radio deve diventare un mezzo più veloce, deve far perdere meno tempo. È quello che sostengo da una vita: la radio non è fatta per ascoltare musica, è fatta per conoscerla. Quindi servono brani più brevi; serve ascoltare più musica possibile e poi dare la possibilità all’ascoltatore di decidere quale preferisce, per poi andare su Spotify, su YouTube e tutto il resto.”

Raccontaci una curiosità su Gioca Jouer.
“Di curiosità su Gioca Jouer ce ne sono diverse. Per esempio: mi ricordo che, quando è uscita mi dicevano tutti “sono buono anch’io a fare un pezzo dicendo dei verbi”. Io rispondevo sempre “perché non l’hai fatto tu?” così magari lo avrei chiesto io a te ed ero io che ti criticavo. Un’altra curiosità è che all’inizio l’hanno presa come una canzone, ma poi hanno capito che è un gioco. Se no non sarebbe durata così tanto. Sono quarantatré anni che è uscita. Infatti, a questo proposito c’era qualcuno che diceva “sai, a me non mi piace tanto, preferisco i Led Zeppelin” e gli rispondevo “pure io”. La forza del Gioca Jouer è che è un gioco, nato per divertire. Poi un’altra curiosità che mi fa sorridere è che, quando incontro le persone, per farmi capire la gioia del gioco mi dicono “ballare, cantare, saltare”. Nessuno di questi tre verbi c’è, ma ho capito che l’importante è quello è quello che ti dà, quello che ti ispira. Vedo che procura gioia, infatti vado in giro e mi parlano del Gioca Jouer con il sorriso.

Cosa ne pensi della serie dedicata agli 883 e di come ti hanno rappresentato?  “La serie degli 883 è una fiction. Quindi chiaramente gli autori non è che hanno tenuto presente la storia. La storia è solo uno spunto e quindi di conseguenza hanno fatto viaggiare la loro fantasia. Lo dico senza accusare nessuno, senza muovere nessuna critica però, ad esempio, io sono stato descritto come quello che va da Max e Mauro a dire “mi raccomando, io vengo dalla provincia ma non parliamo della provincia”. Invece io li ho prodotti proprio perché vengono dalla provincia. Ciò che mi è piaciuto è che quello che ho creato e quello che ho lanciato è diventata una serie televisiva di grande successo. Quindi vuol dire che con Pier Paolo Peroni e Marco Guarniero abbiamo lavorato bene. La materia prima avevamo capito che era ottima.”

Parlaci del tour “gli anni ottanta-il ritorno”, dove ti vedremo dietro una console.  “Gli anni Ottanta, intitolato Gioca Jouer perché, in effetti, il Gioca Jouer del 1981 è quello che mi ha aiutato a fare la mia radio, Radio Deejay, che è stata realmente la capostipite degli anni Ottanta.  È un omaggio che faccio agli anni Ottanta, che sono dal punto di vista musicale gli anni più belli in assoluto. Forse perché li ho vissuti, ma vedo che anche i giovani in questo momento si approcciano agli anni Ottanta e anche agli anni Novanta (che comunque sono figli degli anni Ottanta) perché hanno scoperto che tutta la musica, la più bella musica del mondo, è nata proprio in quel periodo. C’è stato uno switch completo da quelli che erano gli anni Settanta. È arrivata questa New Wave dall’Inghilterra che ha ripreso in mano il dominio musicale.  A differenza degli anni Settanta, dove c’era la disco music, la cosa bella degli anni Ottanta è che non c’era un solo genere musicale. C’era la New Wave, il Punk, lo Ska, la musica elettronica, c’erano tante tendenze musicali che coesistevano benissimo, tutte insieme. Negli anni Ottanta è anche nato il grande fenomeno delle discoteche e inoltre quando vado in giro mi rendo conto che le persone mi vedono come un simbolo di quegli anni. Tutte queste cose mi hanno fatto decidere di riprendere il repertorio di tutta la bella musica uscita negli anni ‘80; di fare un tour e incontrare gli amici in tutta Italia per poter ballare ed emozionarsi come ai bei tempi.”  GIOCA JOUER Dance Party ’80 … e oltre!

 

 

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