L’affermazione del Milan nella Mitropa Cup 1981-’82.
Nell’assai nutrita bacheca del glorioso Milan c’è un “trofeo fantasma” conquistato proprio all’inizio degli anni Ottanta: la Mitropa Cup 1981-’82, che il sodalizio meneghino conseguì nella medesima annata che lo vide retrocedere sul campo in Serie B (dopo il declassamento a tavolino del 1979-’80).
Nata nel 1927 quale Coppa dell’Europa Centrale (Mitropa è, infatti, la contrazione di Mitteleuropa, che in tedesco ha tale significato) e destinata alle migliori compagini dei campionati dei Paesi di quella zona del continente, tale kermesse durante il periodo tra le due guerre mondiali ebbe un’importanza successivamente raggiunta solamente dalla Coppa dei Campioni/Champions League, per poi conoscere un inarrestabile declino in concomitanza dell’istituzione delle Coppe Europee (la cui partecipazione era -ed è tuttora- aperta a tutte le Federazioni affiliate all’UEFA), sicché nel 1955 venne riservata alle formazioni mitteleuropee non qualificatesi alle Coppe, infine nel 1979-’80 fu trasformata in una sorta di “Coppa dei Campioni di Serie B”, in quanto dedicata ai club impostisi nei campionati di seconda divisione dell’Europa Centrale (Italia, Jugoslavia, Ungheria e Cecoslovacchia, con sporadiche partecipazioni di formazioni austriache): il Milan prese, appunto, parte all’edizione 1981-’82 in quanto vincitore della Serie B 1980-’81.
Il regolamento di tale edizione prevedeva che le quattro partecipanti (oltre al Milan, i cecoslovacchi del Vitkovice, gli jugoslavi dell’Osijek e gli ungheresi dell’ Haladas Szombathely) avessero dovuto confrontarsi in un girone all’italiana con gare di andata e ritorno: la compagine che avesse conquistato il maggior quantitativo di punti si sarebbe aggiudicata il trofeo.
Logici favoriti della vigilia, i rossoneri conobbero la durezza dell’Europa non di primissimo piano già nella gara d’esordio, quando il 20 ottobre 1981 furono sconfitti per 1-2 sul campo del Vitkovice: passati a condurre al 15’ grazie a una prodezza di Roberto “Dustin” Antonelli, i meneghini dovettero inchinarsi alle reti di Jindrich Kusnir (al 27’) e di Miroslav Gajdusek (al 90’, su calcio di rigore), dovendo fin da subito rincorrere.
Il 2-0 (goal di Fulvio Collovati al 15’ e di Giuseppe Incocciati al 78’) rifilato all’Haladas il successivo 4 novembre fra le mura amiche del Giuseppe Meazza e l’1-1 esterno del 25 novembre con l’Osijek (vantaggio rossonero al 60’ con Walter Novellino, pari slavo all’89’ con Ilija Sormaz) chiusero il girone d’andata con il Milan in seconda posizione a quota tre punti in compagnia dell’Haladas, a una lunghezza dalla capolista Vitkovice e a +1 sul “fanalino di coda” Osijek: la Mitropa “andò in letargo”, per poi riprendere il successivo mese di aprile.
Nel frattempo, i lombardi stavano inaspettatamente arrancando in campionato, sicché le ultime gare di Mitropa Cup vennero disputate nel periodo “caldo” della stagione, durante lo sprint finale per la salvezza: tuttavia, il Milan onorò l’impegno europeo, facendo “bottino pieno” e aggiudicandosi la competizione, dimostrando il suo spirito internazionale.
Il 7 aprile 1982 i “diavoli” (nel frattempo passati sotto la guida di Italo Galbiati, subentrato a Ilario Castagner dopo il K.O. interno per 0-1 della sedicesima giornata di campionato con l’Udinese) si imposero per 1-0 in Ungheria sull’Haladas grazie a una realizzazione di Sergio Battistini al 20’, il seguente 21 aprile piegarono per 2-1 l’Osijek a San Siro (goal di Antonelli al 6’ e di Franco Baresi su calcio di rigore al 10’, a render vano il successivo goal jugoslavo, opera di Ante Rakela al 46’), per poi schiantare il Vitkovice per 3-0 il 12 maggio, nel conclusivo scontro diretto casalingo, effettuando il sorpasso sugli stessi cecoslovacchi e aggiudicandosi la coppa: di Baresi su calcio di rigore al 12’, Alberto Cambiaghi al 50’ e Joe Jordan su calcio di rigore al 77’ le marcature.
La classifica finale vide il Milan prevalere con nove punti, precedendo Vitkovice (otto), Osijek (quattro) e Haladas (tre), tornando a imporsi a livello continentale (seppur in una competizione certamente non di primissimo piano) dopo un’attesa che durava dal 1973, vale a dire dal successo nella Coppa delle Coppe 1972-’73 (1-0 agli inglesi del Leeds United nella finale di Salonicco).
La gioia (seppur limitata e composta) per la conquista della Mitropa Cup si spense appena quattro giorni più tardi, poiché domenica 16 maggio 1982 i rossoneri retrocessero in Serie B nonostante la vittoria esterna per 3-2 (rimontando dallo 0-2) con il Cesena: terzultimi in graduatoria, ripiombarono nell’inferno della cadetteria per un solo punto di distacco dal Genoa (quartultimo e salvo).
Di quella Mitropa Cup si trova raramente traccia nella bacheca rossonera, mentre i veri sportivi milanisti le danno la giusta importanza, in quanto comunque consistente in un trofeo (seppur minore), per il quale i giocatori lottarono fino all’ultimo minuto, onorandolo.
Ai detrattori che affermano che tale alloro sia una prova della militanza in Serie B, gli sportivi rispondono che data l’impossibilità di cancellare la “macchia” della cadetteria i rossoneri colsero l’occasione sia di conquistare un trofeo sia di dimostrare la loro sportività e la loro voglia di redimersi accettando di giocare in campi non di primissimo livello, senza fare gli altezzosi e sempre rispettando gli avversari.
Forte, infatti, non è chi non cade mai, ma chi è in grado di rialzarsi dopo essere caduto e aver patito delusioni: quel Milan seppe rialzarsi e la “ruota del destino” lo avrebbe pochi anni dopo “premiato” con l’aurea Era Berlusconi.
I veri tifosi milanisti non snobbano la Mitropa Cup: un trofeo non di primissimo piano, un trofeo “fratello minore” degli altri innumerevoli successi rossoneri, ma pur sempre un loro fratello, magari da considerare in modo diverso ma affatto da snobbare.
Appena sei anni e tre giorni dopo il successo sul Vitkovice, il club meneghino si sarebbe aggiudicato il suo undicesimo scudetto (1987-’88), dando inizio all’epopea del Grande Milan: i rossoneri chiusero gli anni Ottanta laureandosi campioni d’Europa il 24 maggio 1989 (4-0 ai rumeni della Steaua Bucarest nella finale di Coppa dei Campioni del Camp Nou di Barcellona) e issandosi in vetta al mondo il seguente 17 dicembre, quando a Tokyo si aggiudicarono la Coppa Intercontinentale piegando per 1-0 (dopo i tempi supplementari) i colombiani dell’Atletico Nacional Medellin.