Ai nostri tempi (ah che bello essere giovani!) c’erano molte cose che ci venivano vietate. Ad esempio tornare a casa a casa tardi, drogarsi, usare lo skateboard… ah no scusate.. quello era una divieto che era in vigore SOLO in alcuni Paesi… anzi, per essere precisi, in uno: la Norvegia.
Posso capire che talvolta il modo migliore per evitare che ci si faccia male è vietare qualcosa. E del resto è comprensibile che, a fronte dei 28 morti e 100.000 feriti (!) del 1977 la Norvegia abbia visto in questo divieto una soluzione. Però vietare lo skateboard perché è uno sport pericoloso mi sembra eccessivo. (http://www.bbc.com/news/magazine-36077122)
Che poi, andando ad indagare più a fondo, non è che fosse illegale al 100%: ad Oslo, nella capitale, c’era solo uno skatepark autorizzato e, per potervi accedere, serviva una tessera.
Quando, verso la fine degli anni 80/inizio 90 il “periodo nero” terminò, iniziarono a spuntare come funghi skatepark, magazine e quant’altro sul tema. Dall’essere un Paese del terzo mondo (non solo skateboardistico: fino a quando venne scoperto il petrolio, era fra gli Stati più poveri dell’Europa) la Norvegia si evolse a tal punto da poter organizzare gli X-Games (le olimpiadi degli sport estremi che annoverano, tra le altre, anche diverse discipline con lo skateboard).
In tutta questa storia manca ancora una cosa: i protagonisti. In questo caso sono stati diversi gli skater che, di nascosto, hanno fatto in modo che questo sport continuasse a sopravvivere e non venisse dimenticato. Tra questi “clandestini” ce n’è qualcuno che è riuscito a fare anche carriera, riuscendo a vincere anche 4 campionati nazionali!
Ora non so voi, però non mi è mai capitato di sentire che uno sport venisse vietato per ridurre gli incidenti.
Soprattutto in un posto civile come la Norvegia. È un po’ come se per evitare di diventare depravati fosse stato illegale vedere Colpo Grosso, dai.
Anche se a pensarci bene ci sono ancora posti dove Colpo Grosso è vietato davvero…