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1985: le band bandite in URSS

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URSS

Era il 1985, URSS e USA erano nel bel mezzo della guerra fredda e in quegli anni rock, pop e regimi totalitari non andavano molto d’accordo.

Esattamente due mesi prima dell’insediamento di Michail Gorbačëv a successore di Konstantin Černenko come segretario generale del Partito Comunista, la situazione della censura riguardo la musica in URSS era ancora a livelli… sovietici (oggi diremmo talebani).

Alexei Yurchak, docente all’Università di Berkley, in California, è riuscito a mettere le mani su una delle ultime liste di proscrizione emesse dal regime sovietico. In esso il Komsomol, sezione giovanile del Partito, segnala ai vertici del Cremlino i pericoli che si possono correre ascoltando cantanti e band allora in auge.

L’elenco contiene un totale di 32 fra gruppi e solisti. Di fianco al nome all’artista, i giovani funzionari specificano la ragione per la quale bisogna bandire queste opere. Black Sabbath, Scorpions, Strangles, Iron Maiden sono considerati poco raccomandabili per l’alto contenuto di “violenza“, mentre la band Judas Priest è considerata “anticomunista” e “razzista“.

AC/DC e 10cc sono bollati come “neofascisti“, i Van Halen colpevoli di “propaganda antisovietica“. Insomma la lista degli artisti eliminati dalle radio e dagli scaffali di dischi in Russia è fornita di nomi che negli altri Paesi nel 1985 letteralmente spopolavano e vendevano milioni di copie di dischi.

Permetteteci una battuta sottolineando che la vera punizione all’ex URSS l’abbiamo fornita noi, inviando in sostituzione dei cantanti proibiti le nostre truppe composte dai melodici Toto Cutugno e Pupo o i cantanti Italo Disco.

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