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La guerra fredda

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Gli anni 80 sono anni di grandi cambiamenti: nascono nuove mode, ideali, ribellioni…
Nel 1989, precisamente il 9 novembre, accade quella che è indubbiamente una svolta epocale: la caduta del muro di Berlino.

Costruito nel 1961, il muro viene abbattuto dopo quasi 30 anni, grazie anche a questi ideali di libertà e ribellione nati nel frattempo.
Un potentissimo colpo di piccone fu dato sicuramente dai Pink Floyd nel 1980, con la famosissima “Another Brick In The Wall”.
Una canzone ricca di simboli, che passa da un maestro che vuole istruire a bacchetta ai suoi alunni con ideali e dalla follia sanguinaria delle guerre, al muro di Berlino e alle istituzioni repressive.

Durante gli anni 80 molti cantanti scrivono canzoni sulla Guerra Fredda e sul muro: già nel 1985 Sting, con “Russians”, si domanda il perché della diffidenza tra popoli dovuta a ideali politici.
Sting non si schiera da nessuna parte, né con gli Usa né con l’USSR; anzi il testo dice “There’s no monopoly on common sense / On either side of the political fence” – “non c’è monopolio sul buon senso / da entrambi i lati della barricata politica”.
L’ex Police descrive invece i problemi della gente e il loro distacco da ciò che sta accadendo, spendendo parole di speranza legate al fatto che russi e americani sono accomunati dagli stessi sentimenti, a partire dall’amore per i bambini: “I hope that Russians love their children too” (“spero che anche i russi amino i loro bambini”).

Cantante tedesca che si interessò al tema della guerra fredda è Nena, con la sua 99 Luftballons che venne incisa anche in inglese scalando le classifiche tra 84 e 85. Entrambe le versioni raccontano la storia di novantanove palloncini che volano per l’aria, scatenando un’esagerata reazione da parte delle forze militari.
Pensò quindi a che cosa sarebbe potuto accadere avessero oltrepassato il muro di Berlino spingendosi nell’allora “settore sovietico”, ovvero Berlino Est.

https://www.youtube.com/watch?v=La4Dcd1aUcE

Ricordiamo anche i Men at work, gruppo australiano con la loro “It’s a Mistake” (“E’ un errore”): USA e USSR stavano facendo qualcosa di sbagliato, di inaccettabile, alle spalle del popolo.
Kate Bush in “Breathing” si preoccupa per il bambino che ha in grembo: cosa gli sarebbe accaduto in caso di un disastro nucleare?
O Peter Gabriel che immagina un mondo senza frontiere con “Games Without Frontiers”, canzone che è indubbiamente una critica al nazionalismo e alla guerra.

Forse la canzone più simbolica, scritta quando sembrava che qualcosa si stesse finalmente smuovendo, è però “Wind Of Change” dei tedeschi Scorpions.
Ispirata dai cambiamenti che stavano avvenendo nell’Europa dell’est, fu composta nel 1989 dal cantante Klaus Meine, ed è riconosciuta come uno dei simboli della riunificazione della Germania.
Nonostante ciò, Meine ha sostenuto che in realtà il brano sia stato scritto prima della caduta del Muro di Berlino.

E come non concludere concludere con le sempre attuali parole di John Lennon?

You may say I’m a dreamer
But I’m not the only one

I hope someday you’ll join us

And the world will live as one

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