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Stan Lee: perché i suoi supereroi sono entrati nella storia (anche degli anni 80)

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Stan Lee

Stan Lee ha lasciato questo mondo. Un mondo che con la sua fantasia e la sua creatività ha segnato nel profondo, entrando nella “genetica culturale” di intere generazioni per oltre cinquant’anni. I suoi personaggi, i supereroi dei suoi fumetti e poi negli ultimi anni dei film che ne hanno sancito un successo universale, sono lì a dimostrarlo.

Con la sua Marvel Stan Lee è diventato così un fenomeno culturale (e commerciale) a tutto tondo con bilanci milionari. I suoi personaggi hanno divertito, appassionato e fatto riflettere un pubblico di tutte le estrazioni sociali. E con un denominatore comune: al centro c’è sempre l’essere umano con tutti i suoi difetti e le sue debolezze. Che di volta in volta possono trasformarsi nei veri superpoteri, capaci di fare la differenza o di mandare a fondo chiunque non ne faccia buon uso.

Con lui addio ai belli e buoni sempre e comunque. Addio a tutti gli stereotipi hollywoodiani e disneyani tanto cari al classico grande pubblico. E spazio ai valori della diversità e della vicinanza. Chi più di Peter Parker, fragile studente della porta accanto poteva conquistare i suoi coetanei nel panni di Spider-Man? E che dire di Daredevil, che da avvocato non vedente, compatito da tutti, si trasforma in un giustiziere della notte terrore del crimine?

Altri esami difficili, ma brillantemente superati da Stan Lee, quelli per esempio della Cosa. Il mostruoso supereroe dei Fantastici 4, che non potrà mai più tornare nei panni dell’uomo che era un tempo, con tutti i travagli interiori che questo comporta. O dell’intera saga degli X-Men, dove i cattivi sono quelli “normali” che non accettano i diversi. Mutanti da distruggere in quanto tali e non in base ai loro comportamenti negativi e pericolosi per l’umanità.

E poi negli anni spazio a chiunque. Con supereroi bianchi, afroamericani, ispanici e orientali, in un quadro multiforme, specchio dell’evoluzione dell’America, a volte descritta meglio nei pro e nei contro che in tanti saggi di sociologia. Dove la diversità secondo Stan Lee è un valore positivo ma deve compresa e accettata per dare buoni frutti. Dove tutti sono in gioco, con le carte del bene e del male che si mescolano all’infinito. E dove il libero arbitrio gioca sempre il ruolo chiave, che si parli di esseri umani dai superpoteri o di uomini e donne che affrontano la vita di ogni giorno.

 

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