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Un “fantastico” pupazzo di nome Rockfeller

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Rockfeller

Era il 1984 e la mia vita, come quella di tutti i bambini di allora, era incanalata sui solidi binari della certezza: una maestra sola in classe, il grembiulino per tutti, Topolino usciva di mercoledì e sabato sera c’era Fantastico con Pippo Baudo (che pur essendo un personaggio caratteristicamente anni 80, ha imperversato nella tv nazionale per almeno quattro decenni).

Fantastico rappresentava in quegli anni l’apice dell’idea italiana di show: il che è tutto dire. Una melensa vetrina di personaggi edificanti e di buoni sentimenti ottenuta dall’incrocio tra l’avanspettacolo dei decenni precedenti con le fiere di paese dei decenni precedenti e successivi, il tutto tenuto insieme da massicce dosi di ottimismo, a partire dal nome. Ma di Fantastico parleremo un’altra volta, perché per ora ci interessa solo come palcoscenico sul quale arrivò uno dei personaggi più controversi di quel periodo: il corvo Rockfeller.

I pupazzi erano una costante degli anni 80. Li vedevi nei programmi per bambini, nei film di fantascienza e nei video dei Genesis, per cui non potevano mancare il sabato in prima serata. Ma essendo in Italia, la cosa assunse contorni imprevedibili.

La prima cosa incredibile della faccenda è che con tutti i pupazzi che si sarebbero potuti trovare in Italia, ci fu bisogno di andarlo a prendere all’estero: forse in conseguenza del successo di Heather Parisi, reclutata all’estero nonostante tutte le ballerine che c’erano in Italia.

La seconda cosa incredibile è che tra tutti gli artisti di strada, marionettisti e animatori di personaggi disponibili sul pianeta, fu chiamato dalla Spagna – un Paese che all’epoca era praticamente Terzo Mondo – un ventriloquo che non sapeva fare il ventriloquo (memorabile la battuta di Drupi a Pippo Baudo: “Ho visto di tutto in vita mia, compreso un ventriloquo che muove la bocca“).

Ma la terza cosa incredibile fu il successo di Rockfeller.

Il nome Rockfeller richiamava il petroliere e miliardario americano John D. Rockefeller, un richiamo che oggi provocherebbe petizioni popolari e interrogazioni parlamentari, ma che funzionava alla grande in anni in cui Dallas e Dynasty andavano per la maggiore. Rockfeller si vantava in effetti di essere il corvo più ricco del mondo, e le sue gag e battute venivano di conseguenza: ma se ebbe successo fu soprattutto perché José Luis Moreno, che lo animava, trovò la formula giusta per piacere a grandi e bambini con un misto di innocenza, arroganza e impertinenza. Sfruttando il fatto che un pupazzo poteva prendersi qualche libertà, conquistò milioni di italiani con il suo gestaccio “Prendi questo, Pippo“, che incarnava il desiderio inespresso di tutti: mandare a quel paese Pippo e portarsi a letto la Parisi. Praticamente la versione anni 80 del complesso di Edipo.

Se non era il desiderio di milioni di italiani, sicuramente era il mio. Messo a segno il primo punto, non so se Rockfeller e/o Moreno siano riusciti anche nel secondo; ma conoscendo gli spagnoli, non mi stupirei che ce l’avessero fatta. Bisognerebbe chiedere a Heather.

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