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Vince Clarke è uscito dal gruppo

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Vince Clarke

In un’intervista corredata da foto che lo ritraggono preoccupantemente somigliante a Red Ronnie, Bono ha appena dichiarato che il rock ormai è roba da femminucce.

La musica, però, è come la lunghezza delle gonne: vive di stagioni e cicli, corsi e ricorsi. E Bono non può non ricordare che anche negli anni in cui gli U2 iniziarono ad avere successo, il rock era in fondo roba sorpassata, e il futuro era della musica elettronica, che dalle sue parti chiamavano synth pop e che sta al decennio 80 come il rap sta a questo, più o meno. Di lì partirono o passarono come minimo i Duran Duran, Roxy Music, Soft Cell, Kraftwerk, Ultravox, New Order, Alphaville, Howard Jones, Pet Shop Boys, Talk Talk e, ovviamente, i Depeche Mode.

Formatisi nel 1980 tondo tondo, i Depeche Mode arrivano al successo internazionale in un soffio: il secondo estratto del loro primo album è “Just Can’t Get Enough”, che li lancia ai vertici delle classifiche di mezzo mondo. I discografici ovviamente premono subito per un nuovo album, e il gruppo si ritrova davanti al dilemma di tutti quelli che hanno raggiunto il successo: come mantenerlo, evitando di trasformarsi in meteore.

Dato che i Depeche Mode non sono il paravento di un solista di talento ma un vero gruppo, composto da musicisti di grande personalità, a quel punto scoppia il dissidio. Vince Clarke, tastierista e autore di mezzo album – compresa “Just Can’t Get Enough” – vuole realizzare tracce leggere e ballabili sulla scia di quella hit. L’altro tastierista Martin Gore vuole invece proseguire sulla linea della sperimentazione.

Il dissidio è insanabile, il gruppo si schiera dalla parte di Martin e il resto, come si suol dire, è storia. Storia di cui, almeno da noi, quasi tutti conoscono solo una metà: la metà appunto dei Depeche Mode, ma non quella di Vince Clarke, capace di ripartire da zero e tornare a raggiungere un successo non lontano da quello dei suoi ex compagni di viaggio.

Torniamo al momento in cui Vince lascia il gruppo, mossa che poteva significare la fine per tutti: i Depeche perdevano il loro compositore principale, Vince perdeva un gruppo affermato e un frontman come Dave Gahan, e da solo il rischio era quello di fare la fine di Andrew Ridgley (scusa Andrew se ti cito sempre come caso di insuccesso: niente di personale, davvero) o John Frusciante; ma loro dovevano ancora uscire dai rispettivi gruppi mentre sono sicuro, anche se i biografi non lo riportano, che Vince fu influenzato dal caso di Marina Occhiena, che pochi mesi prima era uscita dai Ricchi e Poveri con una decisione clamorosa la cui eco aveva fatto il giro del mondo.

Il rischio di finir male insomma c’era; e la misura della qualità della formazione originale dei Depeche la dà proprio quel che succede a quel punto. Vince fonda prima gli Yazoo con Alison Moyet, realizzando un paio di LP di successo discreto, ma che non soddisfa appieno l’incontentabile Vince. Il quale si mette in cerca di una nuova voce, e al termine di mesi di continue delusioni si rassegna addirittura a mettere un’inserzione (anonima) su una rivista. Pensate un po’ la disperazione del momento.

Siamo nel 1985. Al trafiletto su “Melody Maker” risponde Andy Bell, un contraltista naturale con un timbro duttile e potente, che si ispira vagamente a Jimmy Somerville. Due giorni dopo nascono gli Erasure, che mettono subito in pratica la ricetta di Clarke: sintetizzatori a go-go, melodie orecchiabili e una voce “forte”. Una ricetta lontana dalla ricerca musicale dei Depeche, ma semplice solo in apparenza e dal successo per nulla scontato. Vince e Andy, però, i numeri li hanno tutti: tant’è che gli Erasure in carriera venderanno 25 milioni di dischi (finora), non troppo lontani dai 100 milioni dei Depeche Mode, anche se con una popolarità concentrata soprattutto in Gran Bretagna, Germania e Danimarca.

Da noi tutto sommato gli Erasure si perdono nel flusso continuo di gruppi di tutti i tipi che arrivano dall’Inghilterra, anche se qualcuno li nota per le elaborate trame vocali di Andy e per la leggerezza ballabile delle canzoni che Videomusic propone di tant in tant. In tutta l’Emilia Romagna credo comunque che stessero simpatici quasi solo a me, visto che quando li nominavo ai miei amici ricevevo in risposta eloquenti espressioni facciali con le labbra protese in avanti, oppure oscillazioni della mano con le dita a tulipano: Erasure chi? Figuriamoci adesso.

Eppure non erano affatto male. Certo, il tempo è impietoso con le canzoni troppo dance, e se oggi posso riascoltare 15 volte di fila “Never Let Me Down Again” di Martin Gore, a stento arrivo alla fine di “Drama” di Vince Clarke. Che lavora come i produttori pop facevano allora: tanta quantità (in media un album all’anno) con qualità magari altalenante – per quanto altalenante si possa dire di un gruppo capace di ficcare 24 canzoni consecutive nella UK top 20. Vince è a suo modo un genio, capace ad esempio di rilanciare in tutto il mondo la musica degli ABBA con l’album ABBA-esque nel 1992.

Soprattutto, le prime hit degli Erasure come “Sometimes”, “Stop” o “Drama” sono spettacolarmente anni 80, almeno quanto i Bros per quanto mi riguarda. Certo, rivisti oggi è evidente che Vince suona strumenti improbabili e Andy balla in modo improbabile, e che nei loro video c’è tutta la beata ingenuità di quegli anni. Tanto per fare un paragone, Justin Bieber o Zayn Malik quel tipo di ingenuità lì la hanno probabilmente persa insieme con i denti da latte.

E non so voi, ma io preferivo quando c’era.

Vince Clarke
Vince Clarke

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