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Il mistero di Fruittella

1979
Fruittella

Nell’autunno del 1986, in piena scuola media, fui assalito insieme ai miei amici da un interrogativo consegnatoci, come spesso avveniva, dalla pubblicità. In quegli anni di trovate geniali, autenticamente indimenticabili (“Liscia, gassata o Ferrarelle?” “Si chiama Zucchetti – la libertà – di fare con l’acqua tutto ciò che ti va!” “Con i cinque cereali di Kinder Colazione Più – con quel gusto di cacao, che ti tira un po’ su – puoi partire alla grande anche tu!” E via dicendo).

Quella della Fruittella, però, arrivò a togliermi il sonno. Ma non è una gomma, sostenevano quelli là, cullati da morbide sonorità reggae. Non è una caramella – è morbida da mordere – ai gusti della frutta. E quindi? Le immagini esotiche di un cammello intento a masticare con grande soddisfazione una Fruittella non aiutavano a districare l’inghippo.

E allora cos’era questa Fruittella?
Non era una gomma (una “cicca”, chez nous), però era morbida.
Una gelatina? Boh. E comunque anche le gelatine non è che fossero così diffuse. E poi nella profonda provincia dove vivevamo noi non è che i prodotti reclamizzati dagli spot arrivassero subito: ci potevano mettere anche una settimana o due dall’inizio delle campagne di lancio. E così, in attesa di poter svelare l’arcano, in classe ci interrogavamo a vicenda su sta cacchio di Fruittella, che ci rimartellava nelle orecchie durante le lezioni di italiano e che sognavamo in quelle di educazione tecnica (si chiamava così?), mentre facevamo le guerre con le cerbottane ricavate dalle Bic.

In tabaccheria, avevamo chiesto, non erano arrivate. Al negozio di generi alimentari non sapevano cosa fossero. Dal fruttivendolo nemmeno. Neppure i ripetenti di terza sapevano sciogliere l’enigma. Le ragazze continuavano a sognare gli A-Ha e Madonna, noi maschi invece eravamo ossessionati dall’interrogativo, più che dal Terzo Segreto di Fatima o dall’ultimo teorema di Fermat. Dovevamo sapere. Cos’era la Fruittella? Che gusto aveva? Ce la immaginavamo profumata, ripiena, succosa… che sensazioni dava alle papille gustative? Ah, beati struggimenti dell’adolescenza!

Fortuna volle che la settimana successiva fosse in programma una visita a Pisa. Lì, in un chioschetto a Campo dei Miracoli, un mio amico trovò incredulo le Fruittella. Una intera scatola di pacchetti, a forma di tubetto quadrato. Ne comprammo un paio e ce le distribuimmo subito nel gruppetto di maschi, come una specie di rito collettivo, soppesandole in mano. Poi alé, in bocca. Mmmm… eh? Mah. Bah. Tutto qua?

Insomma, non erano un granché. Sì buone, ma non stravolgenti. Mica come le polverine frizzanti, per dire. La Perfetti, di cui ci eravamo sempre fidati come tante pecore del loro pastore, in quel caso poteva anche tenersele. In compenso quel pomeriggio, per una botta d’ormone più forte del solito, mi azzardai a palpeggiare le acerbe mammelle della mia compagna di classe Lucia, ricevendone in cambio uno spettacolare ceffone. Però quelle sì che erano morbide.

Altro che Fruittella.

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